Questa notte ti vorrei
scrivere una lettera, vorrei scriverla come se tu potessi leggerla,
come fingendo.
Ricordo della tua scritta
“mukawama” sul braccio, che vuol dire resistenza.
Resistenza, come quella
dei contadini palestinesi, come quella dei partigiani sulle nostre
montagne.
Ricordo di come spiegavi
che se siamo tristi non abbiamo il diritto di portare la nostra
tristezza sui palestinesi, di come a volte ti chiudevi in casa (chissà quali
ferite ti stavi curando), di come quando invece uscivi eri sempre
pronto a scherzare e ridere con tutti e tutte. Quasi che avessi
assunto come ruolo, quello di portare un po' di allegria intorno a te.
Quasi che quell'allegria contagiosa, fosse essa stessa una forma di
resistenza. Certamente lo era, senza il quasi.
Ricordo della tua scritta
“mukawama” sul braccio, che vuol dire resistenza.
Di come quella resistenza
l'avessi vissuta anche in Cisgiordania, prima di venire a Gaza. Di
come insistevi dicendo che gli attivisti, prima di andare a Gaza, andassero in
Cisgiordania. Di come per te fosse così importante che i due pezzi
di Palestina occupati nel '67 fossero collegati.
E continua a venirmi in
mente quella scritta, “mukawama” sul braccio.