Appena
arrivata in Rojava ho avuto un incontro con la co-presidente, che mi
spiegava che qui il popolo sta cercando di costruire democrazia. Alla
parola democrazia un po' mi sono preoccupata. Le ho detto che anche
nei ostri paesi chiamano il sistema politico democrazia, e significa
che chi ha i soldi o la possibilità si fa un sacco di pubblicità o
propaganda, così la gente lo vota, e chi riceve più voti ha il
potere. Lei mi ha risposto che quella dei nostri Paesi non è un
sistema democratico, bensì un sistema capitalistico; e le due cose
non sono compatibili. Cominciavo a capire di non aver capito il
significato delle parole che usavano qui. Non era un problema di
traduzione, ma più profondo. Ho cominciato a capire qualche cosa di
più quando, una settimana dopo, in viaggio verso il campo Newroz, mi
sono fermata a dormire in uno studentato: si chiama “Academia”,
ed è il luogo dove, in gruppi di 20-30 ragazze e donne, le donne
ricevono un'istruzione intensiva di 15 giorni riguardo la storia del
Kurdistan e la storia delle donne, è una specie di studentato. Bene,
la mattina, quando mi sono svegliata, c'era la presidente che
preparava la colazione, prima di andare in ufficio. Cioè, la
presidente dormiva nello studentato (perché era vicino al suo
ufficio) e preparava la colazione per se, per me e per un'altra
ragazza. E questo era assolutamente normale.
Perchè lottare per la libertà è un modo stupendo per affermare di essere vivi.
Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)
lunedì 15 dicembre 2014
venerdì 5 dicembre 2014
"Il fine giustifica i mezzi"
Al
campo Newroz pioviggina. Anzi piove. Ci sono pozzanghere e fango.
Bisogna stare attenti a non scivolare nel fango, e certe volte non è
facile, soprattutto quando non c'è corrente e ci si muove con la
luce del cellulare.
Alan
è uno degli abitanti del Rojava che qui si da da fare nel comitato
per le relazioni. Spiega che tutto è organizzato in comitati: c'è
la scuola dove i ragazzi imparano in curdo, ci sono le attività
organizzate dal centro culturale per insegnare ai bambini il canto e
la danza, c'è la tenda delle donne dove si studia la storia delle
donne e del Kurdistan, c'è la tenda degli uomini dove si studia la
storia del kurdistan e si può vedere la televisione, c'è il
comitato per i servizi che si occupa di organizzare i lavori
necessari nel campo, eccetera, eccetera. Nuri, invece, è originario
di Shengal e parla inglese molto bene, portandomi in giro nel campo e
traducendo le interviste, ma non dimenticando di raccontare la storia
della sua gente. Quando mi porta nella tenda della sua famiglia per
mangiare e dormire e mi domanda: “hai presente un libro che si
chiama “il Principe”, scritto da Macchiavelli? In quel libro c'è
una frase: “il fine giustifica i mezzi.” Ecco, noi siamo i mezzi
sacrificati per il fine dell'occidente e degli altri Stati qui
attorno. Però non siamo stupidi, no, noi capiamo cosa succede.”
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