Haseke
è una città abbastanza grossa, o almeno, la più grossa della zona.
Però se chiedo quanti abitanti ci sono, non lo sa nessuno con
esattezza: è la guerra, è fatta così: c'è gente che parte, gente
che arriva, non sai mai quanti sono perché arrivano da ogni dove e
poi altri partono in continuazione. Si dice, comunque, qualche
centinaia di migliaia.
Oltre
che essere grossa, Haseke è una città che racchiude diverse etnie,
culture, religioni e tradizioni. Non solo perché appunto ad Haseke
trovano rifugio profughi provenienti da tutta la Siria, ma anche per
come è nata e per quella che è la sua storia.
Le ferrovie sono inutilizzate dall'inizio della guerra. |
Sono
arrivata ad Asake, l'unica città a maggioranza araba nel cantone di
Cizire, con la volontà di capire come il sistema del confederalismo
e autonomia democratiche venisse applicato da etnie che non fossero
curde, o in collaborazione con etnie e culture non curde. Ed ecco, un
paio di cose le ho viste, queste posso raccontarvi.
Mercato di Haseke |
Haseke
è attraversata da est a ovest dal fiume Khabur e per lungo tempo la
parte a nord è stata sotto controllo delle forze del Rojava, mentre
la parte a sud sotto controllo dell'ISIS. Al centro, da entrambe le
parti del fiume, alcuni quartieri sono sotto controllo dello Stato
siriano. Da pochi mesi ISIS è stato ricacciato più a sud, fuori
dalla città, e rimangono alcuni quartieri al centro sotto controllo
dello Stato siriano.
Il
mercato principale di Haseke è in una zona sotto controllo dello
Stato siriano. Ci sono i venditori di stoffe o frutta e verdura, e
molti dei negozi chiusi hanno dipinta una bandiera siriana sulla
saracinesca. Hejar dice che è perché mesi fa, se i proprietari non
la dipingevano, i soldati dell'esercito siriano perquisivano e
danneggiavano il negozio: in effetti, è abbastanza buffo vedere come
tutte le saracinesche dei negozi chiusi siano dipinte esattamente
allo stesso modo nei quartieri sotto controllo del governo siriano, è
abbastanza ovvio che non sia un'azione spontanea. Al di la delle
saracinesche, e della presenza di qualche soldato, è piuttosto
difficile per uno che non sia della zona riconoscere le zone sotto
controllo dell'esercito Statale o delle ypg-ypj, perché non ci sono
confini segnati o posti di blocco visibili.
Sul fondo la fortezza francese |
La cosa interessante di
questo posto è una roccaforte che, mi spiega Hejar, è stata
costruita in epoca coloniale dall'esercito francese, e poi è servita
come punto di raccolta per tutti i Cristiani (suriani, assiri,
armeni, e via dicendo) della zona. Da quel che ho potuto vedere, in
realtà, restano solo delle rovine sopra ad una piccola collina.
Rovine di cui nessuno dei passanti, indaffarati negli affari o nel
rivedere amici e chiacchierare, si cura più. Racconta Hejar che
quando è stata costruita la roccaforte francese, qui c'erano
soprattutto villaggi curdi, ma non una città grossa. Da quel primo
nucleo, poi, si svilupperà la città di Asake, che richiamerà anche
arabi e curdi dalle zone circostanti, fino al punto di diventare
capoluogo del governatorato che include il cantone di Cizire, e
l'unica città del cantone ad ospitare un'università statale.
Questa chiesa è una delle tante della città. Mi è stato fatto notare che presenta l'ingresso come un elmetto normanno, a simboleggiare l'aggressività nelle precedenti conquiste cristiane |
Dicevo
dei cristiani: la principale etnia cristiana qui è quella siriaca.
Compagno, in lingua siriaca, si dice “auro”. Auro Ibrahim è il
responsabile della “komela cand suriani li suria”,
l'organizzazione che difende e diffonde la cultura siriaca in Siria.
Auro Ibrahim spiega che la sua comunità ha radici in Turchia: “dal
1985 i padri dei nostri padri hanno iniziato a scappare dalla
Turchia, perché lo Stato turco li perseguitava. Quest'ultimo ha
ammazzato 800.000 cristiani da quell'anno. È lo Stato turco il
problema: se non ci avesse perseguitato, non avremmo rischiato di
perdere la nostra cultura, non saremmo qui ora.”
ingresso del centro culturale siriaco, |
Nella lingua
siriaca, che Auro Ibrahim sostiene essere più antica di quella
araba, ci sono 22 lettere, e si scrive da destra a sinistra come
l'arabo. “abbiamo appena finito un corso di due mesi di grammatica
siriaca, un corso avanzato per adulti: i bambini, da quando abbiamo
iniziato la pratica dell'autonomia democratica, imparano a scrivere
nella propria lingua a scuola”. Infatti, in tutto il Rojava, nelle
scuole legate al movimento tev-dem, l'arabo non è più la sola
lingua insegnata: esistono classi che hanno come lingua principale
l'arabo, classi che hanno come lingua principale il curdo, e classi
che hanno come lingua principale il siriaco. Così, i bambini possono
ricevere un'istruzione non sono sulla loro lingua madre, ma anche
nella loro lingua madre, senza dover rompere con l'identità materna
per essere obbligatoriamente omologati ad una sola lingua, una sola
religione, ed una sola nazione.
lettere dell'alfabeto siriaco |
Tornando
ad Auro Ibrahim, mi mostra il giornale autonomo siriaco, scritto sia
in arabo che in siriaco, e mi spiega le funzioni di alcune delle 11
diverse organizzazioni siriache presenti nel territorio: c'è sutoro,
la sicurezza interna, che collabora con asais, cioè la sicurezza
interna legata più direttamente al tev-dem; c'è il MAS (majlise
askari suriani), e cioè il braccio armato del movimento siriaco, che
collabora con YPG-YPJ; c'è una televisione, delle accademie, le
organizzazioni delle donne, quelle dei giovani, quella per la difesa
e diffusione della cultura siriaca, eccetera. “La nostra pratica
deriva dalle idee di Ocalan, ma le pratichiamo indipendentemente
dalle organizzazioni curde.”
simboli delle associazioni siriache |
Per
quanto riguarda la partecipazione alla vita delle comuni, le cellule
alla base che poi mandano dei portavoce alle assemblee più allargate
fino a quella del tev dem, i siriaci in questa zona sono in una certa
misura slegati dal tev-dem. Nel senso che i siriaci hanno le loro
assemblee separate, ma, pur non essendo in contrasto con il tev-dem e
collaborando con esso a diversi livelli, mantengono la loro autonomia
quasi su tutto.
due dei responsabili dell'associazione |
Parlando
di collaborazioni tra persone referenti a diverse etnie, un'altra
associazione interessante è la “saziya bratiya gelan”,
l'associazione per la fratellanza tra i popoli. Mamduh Alhamed è
arabo, e spiega quali attività si svolgono in questa sede: “abbiamo
5 comitati attivi: quello per la risoluzione delle dispute, quello
che si occupa di diffondere notizie sulle nostre attività, quello
per la risoluzione dei problemi relativi alla terra, e poi pubbliche
relazioni e difesa.” Spiega che dall'inizio delle attività questo
comitato ha risolto 1500 dispute, mettendo d'accordo i contendenti
“ma il nostro scopo non è solo quello di intervenire in caso di
conflitto, vogliamo soprattutto creare situazioni di conoscenza e
fratellanza.” C'è una frase di Ocalan, a proposito di questo, che
viene spesso citata e che dice “se non diventiamo uno, uno a uno ce
ne andiamo”, e cioè, se non riusciamo a trovare un punto in
comune, se non riusciamo a fare fronte unico, la repressione ad uno
ad uno ci cancella, e ad uno ad uno veniamo dispersi. La frase
originariamente era rivolta al popolo curdo, ma può essere applicata
in numerose situazioni. Questo non significa che dobbiamo essere
tutti uguali, ma che se non creiamo solide e strette alleanze
all'interno della società, o all'interno dei gruppi rivoluzionari,
il Potere e il capitalismo prevarranno. Per rendere la società forte
al punto di auto-organizzarsi è necessario ricomporla, è necessario
riconnettere tra loro le sue diverse componenti, pur lasciando a
ciascun gruppo la sua autonomia, e ovviamente senza cancellare le
diverse identità.
l'associazione per la fratellanza tra i popoli |
Un esempio di questo tipo di attività di coesione
tra popoli e genti diverse è stato per l'accoglienza e il supporto
ai profughi arrivati ad Haseke a causa della guerra in Siria. “sono
arrivati da ogni parte della Siria, fino dal confine con la
Giordania.” Racconta Mamduh che i profughi sono stati sistemati
nelle scuole, o in case con affitto calmierato (5000 sterline siriane
al mese, circa 21 euro), o sono anche stati mandati in alcuni campi
profughi. “il nostro scopo è la fratellanza tra i popoli, per
questo qui non facciamo differenze tra etnie e credenze. Per esempio,
ci sono membri di quest'associazione curdi, arabi, yazidi,
cristiani... per la verità i cristiani sono solo due, ma nel nostro
coordinamento ci sono 3 persone: un arabo, un cristiano, ed un curdo”
conclude Mamduh.
il materiale distribuito alla casa del popolo |
Nella
casa del popolo oggi si distribuiscono scatole contenenti sapone,
detersivo e cose per la casa per famiglie in difficoltà. A riceverle
sono esclusivamente donne: vengono per scelta date alle donne perché
esse sono coloro che meglio conoscono le necessità di tutta la
famiglia. Se pensiamo che nella società primordiale, nella società
naturale i figli non sapevano nemmeno chi fosse il loro padre, ed
erano le donne a prendersene cura, la donna era responsabile
dell'economia di tutta la società, della sopravvivenza dei figli
eccetera. L'esempio che qui si riporta spesso è che quando una donna
fa da mangiare, non lo fa esclusivamente per se ma per tutta la
famiglia, per la comunità in cui risiede. Per questo, le parole
“jin” (donna) e “jiyan” (vita), in curdo e in molte lingue
mediorientali si assomigliano così tanto. Oggi, però, le donne
vengono educate in diverse parti del mondo ad essere sottomesse e
lavorare per conto dell'uomo, senza una propria autonomia o
indipendenza; oppure a rispondere a canoni e aspettative che non sono
le loro ma che sono loro imposte dalle aspettative che una società,
le cui radici sono maschiliste, ha su di loro. Ora, per una società
armonica e di uguali, è giusto che le donne riacquistino il loro
ruolo di portatrici di vita, e che anche l'uomo lo diventi
altrettanto. Sto divagando, e cercando di essere sintetica rischio di
essere poco chiara o di non esprimere esattamente ciò che voglio
dire; per cui dirò solo questo: nella situazione attuale, colei che
sa di cosa necessita la comunità-famiglia è la donna, e quindi i
pacchi di sapone e detersivo nella casa del popolo vengono consegnati
alle donne.
donne in attesa |
Per
molte di queste donne, il fatto di poter essere attive è frutto di
una lotta sia interiore che con le tradizioni della propria famiglia
e del proprio gruppo etnico. Saura, donna araba, spiega “come araba
sto bene, come donna no, siamo cresciute in un contesto in cui la
nostra vita consisteva nel lavorare per le esigenze di altri, di
uomini in particolare. Il fatto che io sia qui oggi a lavorare e
collaborare con la casa del popolo è frutto di una lotta con mio
marito, con la gente che per me aveva disposto un destino diverso,
con me stessa e i dogmi che mi hanno raccontato fino da quando ero
piccola. Fin da piccole abbiamo imparato che ribellarsi è “aib”,
cioè una vergogna; nonostante questo ci sono stati grossi
miglioramenti. Ma c'è ancora molta, molta strada da fare.”
YCR - yeketiya cwanen Rojav |
Domandando
anche ad altre organizzazioni, come per esempio i giovani del Rojava,
appare chiaro come in generale sia più facile per le persone di
etnia araba si uniscano direttamente alle organizzazioni in cui sono
presenti anche curdi, mentre i cristiani preferiscano creare
associazioni indipendenti e per conto proprio. Per esempio Silav, nel
gruppo dei giovani del Rojava (YCR – yeketiya cwanen rojava, unione
dei giovani del Rojava), spiega come esiste un battaglione legato
all'associazione dei giovani del rojava all'interno delle HPC (“Hezen
Parastina Civaki”, cioè forze di difesa della società), e che
all'interno di questo battaglione sono presenti sia curdi che arabi,
ma gli unici collettivi legati all'associazione dei giovani in cui
partecipano anche siriaci sono quelli all'interno dell'università.
Beyan,
che precedentemente si trovava all'interno de coordinamento di
Yeketiya Star, l'organizzazione autonoma delle donne, spiega: “le
donne siriache non partecipano alle attività di Yeketiya Star ma
hanno una loro organizzazione parallela, e quando si scende in piazza
lo si fa insieme, con unità di intenti: noi andiamo con i nostri
vestiti tradizionali, cantiamo e danziamo le nostre danze, loro lo
fanno con i loro vestiti tradizionali, cantano e danzano le loro
danze. Ma lo facciamo insieme.”
Sono
arrivata ad Haseke con l'intento di capire se le idee di Ocalan,
quelle su cui si basa l'autonomia democratica del Rojava potessero
essere applicate anche da altre etnie o da persone che facciano
riferimento a altre culture.
Funerale ad Haseke |
La risposta l'avete trovata nelle
testimonianze e nel racconto sopra riportato. Perché mi sembrava
importante questo? Perché vorrei fosse chiaro, se ancora non lo è,
che questa lotta non è solo la lotta di liberazione del popolo
curdo.
Funerale ad Haseke |
Questa lotta è per la liberazione degli schiavi dal giogo del
potere. È la lotta degli oppressi contro l'oppressore. Questa lotta
è per creare una società senza classi, in cui le diverse culture e
credenze possano trovare spazio e vita, arricchendosi
vicendevolmente. Una società accogliente verso il diverso. Un mondo
senza Stati e senza confini di alcun tipo. Questa lotta considera la
società come un ecosistema, in cui tutto, dalle piante agli insetti,
dagli uccelli all'acqua, è essenziale, ma in cui ciascun componente
trova spazio solo nel momento in cui non prevarica sugli altri e ma
con gli altri interagisce.
Questa lotta è perché le donne possano
tornare a portare vita, e non cieca obbedienza a canoni imposti.
Questa lotta è perché sia la gente che abita una certa terra a
decidere collettivamente del proprio futuro. La gente deve decide
assieme, non uno Stato imporsi, non un Padrone esercitare il potere.
È questo che, anche armate, stiamo difendendo.
Funerale ad Haseke |
Funerale ad Haseke |
Per
questo questa lotta non è un'esclusiva del popolo curdo: è anche la
nostra lotta.
È
la stessa lotta che portiamo avanti nelle strade ogni giorno.
Grazie!
RispondiEliminaGrazie di che? Grazie a te che leggi :)
Eliminahaha, un abbraccio a te e Roma!
RispondiEliminaThhis is great
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