Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


sabato 30 aprile 2011

Potranno recidere tutti i fiori ma non riusciranno a fermare la primavera (Neruda)

Le iniziative in memoria di Vik si moltiplicano...


Un convoglio sta per partire dall'Italia (le iscrizioni sono aperte fino a lunedì, affrettatevi!)

A Roma il 21 Aprile si è svolta una assemblea cittadina frutto delle discussioni e delle riflessioni scaturite dopo l’assassinio di Vittorio Arrigoni. Dall’assemblea è uscito un largo consenso e una ferma convinzione della necessità di andare a Gaza adesso, passando dall’Egitto.


Iniziamo questo processo condividendo i seguenti punti:
- Vogliamo andare a Gaza passando dal valico di Rafah con tutti e tutte coloro che nel mondo condividono l’urgenza di gridare forte e chiaro quello che la voce di Vittorio ci ha detto tante volte: Restiamo Umani! Lo vogliamo fare dal confine egiziano perché reputiamo nell’era post Mubarak che quel valico deve aprirsi per rompere un assedio a cui la Striscia di Gaza è ormai da troppo tempo costretta.
- Vogliamo stare a Gaza il 15 maggio, ad un mese dall’uccisione di Vittorio, il giorno della nakba, quando migliaia di giovani palestinesi hanno annunciato che torneranno in piazza in tutto il mondo per chiedere la fine dell’occupazione ma anche una nuova unità e la fine delle divisioni interne all’Autorità Palestinese.
Vogliamo entrare per diversi motivi:
- Perchè anche se hanno ucciso Vittorio deve essere chiaro che non possono fermare la solidarietà internazionale verso la popolazione palestinese e che grazie a lui è ancora più forte e unita contro l’occupazione di Gaza e della West Bank.
- Perchè vogliamo continuare a dare voce ai percorsi che Vittorio, insieme agli uomini e alle donne palestinesi, stava portando avanti, soprattutto quel lavoro di informazione indipendente che Vittorio aveva saputo trasmettere da una Gaza continuamente assediata. Per questo porteremo giù le nostre attrezzature per dar vita ad un Media Center dedicato proprio a lui.
- A breve partirà anche una Flottilla internazionale alla volta di Gaza e le due iniziative via terra e via mare, anche se diverse e organizzate separatamente, si possono rafforzare a vicenda per rompere l’assedio.
Alcune informazioni pratiche per iniziare:
- la durata del convoglio sarà di circa 6/7 giorni per poter dare modo a tante persone di organizzarsi con cosi poco anticipo.
-il periodo sarà incluso tra l’11 e il 19 maggio, le date saranno definite in maniera più dettagliata entro pochi giorni.  Intanto cominciate a tenervi liberi e libere!
- il costo di tutto il periodo sarà di circa 450/500 euro, sperando di abbassare la cifra con il crescere delle persone.
- stiamo aprendo un sito internet per raccogliere tutte le informazioni necessarie si chiamerà vik2gaza
- abbiamo attivato una e-mail (vik2gaza[at]autistici[.]org ) e un numero di telefono (+39-3333666713) per raccogliere le adesioni
- stiamo attivando un conto presso il quale sarà possibile versare una quota di partecipazione per organizzare gli spostamenti e i pernottamenti.
- saranno necessari dei momenti di preparazione per poter affrontare nel migliore dei modi questo viaggio.
CO.R.UM.- Convoglio Restiamo Umani

La freedom Flotilla non si ferma:



"Crediamo fermamente, per come abbiamo avuto il privilegio di conoscere Vittorio, che ora ci avrebbe voluto vedere mettere da parte le lacrime e le commemorazioni e tornare alla nostra, alla sua lotta. Così farà Freedom Flotilla. Da ora. In memoriam."

Con il vento del sud

Con Vittorio e la Palestina nel cuore

Con la Freedom Flotilla per la fine dell’assedio di Gaza

Sabato 14 maggio manifestazione nazionale a Roma
Quello che viviamo non è un momento qualsiasi. Quello che viviamo è un momento di grandi lotte, grandi speranze,  ma anche grandi oppressioni.
Il vento del sud, quello che si alza dalle sollevazioni che percorrono da mesi il mondo arabo, è destinato ad arrivare  anche sulla nostra sponda del Mediterraneo. E’ un messaggio di liberazione che chiama all’unità, alla solidarietà, alla fratellanza, alla lotta contro l’ingiustizia.
Chi si riconosce in questi ideali è dunque chiamato all’azione.
C’è un luogo dove l’oppressione è concentrata come da nessun’altra parte, e dove massimo è il bisogno della solidarietà internazionale: questo luogo è la Palestina, ed in particolare la Striscia di Gaza sottoposta da anni al barbaro e disumano assedio di Israele.
Proprio per contribuire a porre fine a questo assedio, nella seconda metà di maggio una flotta composta da navi provenienti da più di 25 paesi si dirigerà verso Gaza per portare solidarietà ed aiuti umanitari al milione e mezzo di persone rinchiuse in quella immensa prigione a cielo aperto. E’ la Freedom Flotilla 2, che vuole continuare l’opera della prima flottiglia attaccata lo scorso anno dalla marina israeliana, con l’assassinio impunito di nove attivisti.
Affinché questa missione abbia pieno successo occorre una vasta mobilitazione, una continua pressione e vigilanza sui governi dei paesi coinvolti. Un’azione tanto più necessaria in Italia, con un governo che si distingue per il suo totale e acritico sostegno anche alle più feroci operazioni (vedi Piombo fuso) dei governi israeliani.
Il nord ed il sud del Mediterraneo devono unirsi in un’unica battaglia di liberazione.
Oggi, mentre i popoli arabi chiedono libertà, democrazia e giustizia sociale, le grandi potenze rispondono con i bombardamenti, con oscure manovre per osteggiare il cambiamento, con la criminalizzazione degli immigrati che fuggono dalla miseria e dalla guerra. Mentre la storia si muove davanti ai nostri occhi, i governi occidentali ripropongono la loro logica di sfruttamento neo-colonialista dei popoli e delle loro risorse.
Il 14 maggio manifesteremo per la Freedom Flotilla, ma manifesteremo anche per dimostrare che l’Italia non è né Berlusconi, né chi ha approvato la partecipazione alla guerra della Nato, perché c’è un popolo che si oppone all’oppressione ed alla guerra e che vuole la libertà per il popolo palestinese.

Per la fine dell’assedio di Gaza!

Per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese!

Per il sostegno alle lotte dei popoli arabi per la libertà e la giustizia sociale!

Per dare continuità al lavoro di Vittorio

ROMA, 14 MAGGIO

Manifestazione nazionale:

Coordinamento Nazionale della Freedom Flotilla Italia

Per adesioni, richiesta di manifesti e volantini scrivete a : roma@freedomflotilla.it






C'è chi propone di leggere pubblicamente il suo libro:




..e israele continua a bombardare, continua a sparare... Giusto 3 giorni fa siamo andat* di nuovo ad accompagnare alcuni contadini al confine...dopo 5 minuti che eravamo li dalle torrette automatizzate hanno iniziato a sparare, ed i contadini hanno continuato a raccogliere il grano, dopo altri 5 minuti hanno sparato di nuovo, ed i contadini hanno continuato a raccogliere il grano. Alla fine hanno raccolto tutto, e sono tornati a casa con i sacchi pieni dei frutti della loro terra. I cecchini, che volevano impaurire, questa volta sono tornati a casa sconfitti.

venerdì 22 aprile 2011

Vik non è morto.

Vik non è morto.

Il suo corpo non respira più, il suo cuore non batte, i suoi occhi sono chiusi, la sua bocca non parla.


Però, vedete, se Vik non respira più, in migliaia oggi fanno quello che faceva lui. Se uccidono Vik ogni goccia del suo sangue nasce alimnta la farza per andare avanti, ogni suo respiro impedito da vita ad un'altro attivista.


Qualcuno sta aggiornando la sua pagina fb


Il movimento per il 15 di marzo, da lui tanto appoggiato, è più forte che mai.


L'ISM ha deciso di restare a Gaza.


Oliva, la nave a cui anche lui stava lavorando per andare in mare con i pescatori e monitorare le navi da guerra israeliane, è salpata per la prima volta mercoledì.


Vik è vivo, e lotta insieme a noi.




(di seguito 2 pezzi che ho scritto per il manifesto)


GAZA CITY - Di Vik non si avevano notizie da mercoledì sera. Il cadavere ritrovato martoriato, la benda sollevata per renderlo riconoscibile
«Non appartengono al nostro popolo», l'ira della gente contro gli aguzzini

Vittorio ormai considerava Gaza come la sua casa. Aveva in programma di andarsene il mese scorso, e poi imbarcarsi nella Freedom Flotilla, ma non se la sentiva di abbandonare il posto a causa delle recenti aggressioni delle forze d'occupazione israeliane: in meno di un mese sono stati ammazzati più di 40 palestinesi, tra cui due donne mentre preparavano il pane e bambini che giocavano a calcio.
Mercoledì sera Vittorio era andato in palestra. Dopo la palestra alle volte andava a mangiare in una trattoria. Aveva prenotato la cena per le dieci. Non vedendolo arrivare, hanno provato a chiamarlo, il suo cellulare era spento. Non si sono preoccupati, perché spesso Vittorio spegne il cellulare, quando vuole lavorare o quando vuole stare da solo. Nessuno lo ha più sentito da quel momento in poi. Alle 8 di giovedì sera i suoi compagni dell'Ism hanno ricevuto la notizia del suo rapimento. Alle 3 di notte la notizia del ritrovamento di un corpo. Ancora non sapevano se fosse il suo o quello di qualcun altro, fino a che non sono stati portati sul posto e lo hanno visto, steso su un materasso a pancia in su. Aveva un stringa di plastica stretta attorno al collo e la faccia molto gonfia. Presentava del sangue dietro la nuca, forse per dei colpi subiti, e profondi segni ai polsi per le catene o lacci che lo tenevano legato. I piedi erano accavallati e le braccia lungo i fianchi. Aveva ancora addosso la benda visibile nel video, leggermente sollevata per renderlo riconoscibile.
«Restiamo umani», diceva Vittorio, per non perdere la tenerezza di fronte alla barbarie. Ci vuole una grande forza per restare umani, certe volte, Vittorio. Giovedì sera, quando si sapeva solo del sequestro, alcuni giovani di Gaza avevano organizzato una manifestazione per chiedere il suo rilascio, pianificandola per il venerdì alle quattro. Essa si è trasformata poi in una marcia commemorativa. I palestinesi cantavano melodie tradizionali, alternando canzoni che parlavano della loro terra con «bella ciao» perché era stato Vittorio ad insegnarla ad alcuni di loro. Diverse centinaia di persone hanno partecipato, moltissimi amici, e molti che non lo conoscevano, individui che raccontavano di non averlo mai visto, ma che era una grande perdita ed erano sconvolti, che chi ha commesso questo crimine non rappresenta il popolo palestinese in nessun modo che si vergognano per quel che è successo.
Spiegavano che i salafiti, e la loro lettura perversa del corano, sono pochi, isolati, e crudeli: loro non li considerano palestinesi. Sabato è stata allestita una tenda per dare la possibilità di portare le condoglianze, come è tradizione in Palestina. Su un lato, sono stati appesi un centinaio di messaggi in arabo e in inglese: uno recitava: «Tu eri gazawo e quelli che ti hanno ucciso non hanno mai capito quanto eri prezioso! Questa gente non è palestinese». Uno era dedicato a sua madre: «Mamma, grazie di aver portato Vittorio in questo mondo. Mamma, per favore perdonaci per non essere stati capaci di proteggere Vittorio!».
Un altro era firmato dal PSCABI, Palestinian Student Campaign for the Academic Boycott of Israel: «La Palestina ha perso un figlio, noi un fratello. Eri di ispirazione per noi, ci hai insegnato come essere uomini liberi. Vittorio è un palestinese ed un combattente per la libertà! Riposa in pace, compagno!». Le manifestazioni continueranno anche oggi, per concludersi con un convoglio di macchine che accompagnerà la salma al confine con l'Egitto quando sarà il momento. «Se io muoio non piangere per me, ma fai quello che facevo io e continuerò a vivere in te», scriveva Che Guevara.
 
 
Vittorio Arrigoni, un «vincitore» a Gaza
L'addio a «un sognatore che non si è mai arreso». Dall'ospedale di Shifa al valico di Rafah, costeggiando il mare da cui «Vik» era arrivato nella Striscia e da dove proverà ad arrivare la prossima flotilla, quella su cui avrebbe desiderato imbarcarsi anche la madre. E oggi la salma arriva al Cairo, dove è prevista una fiaccolata organizzata tramite Facebook Migliaia di palestinesi per l'ultimo saluto. Associazioni, contadini, pescatori: «E ora continuiamo il suo lavoro»

Shifa è il principale ospedale delle città di Gaza, e probabilmente anche di tutta la Striscia. Migliaia di persone sono arrivate ieri a questo ospedale perché da qui la salma di Vittorio Arrigoni è partita per andare al confine di Rafah ed essere trasportata in Italia. Migliaia di palestinesi si sono radunati sotto un sole cocente per salutare un amico e un compagno, per onorare le spoglie di una persona che qui in tanti, tantissimi conoscevano. E chi non lo conosceva, stimava il suo lavoro.
C'erano esponenti del governo, ministri e figure istituzionali di Hamas. C'erano rappresentanti di associazioni e di partiti, c'erano pescatori e contadini. Tantissimi ragazzi giovani, facenti parte del gruppo per la fine delle divisioni tra Gaza e West Bank, il famosissimo movimento per il 15 marzo. Khalil Shaheen, esponente del Palestinian centre For Human Rights, ha dichiarato: «Siamo realmente dispiaciuti per quest'assassinio, ora è importante che noi palestinesi continuiamo il lavoro anche anche di Vittorio per la nostra sovranità, indipendenza e unità. Faccio un appello a Ismail Haniyeh perchè raccolga questa opportunità: l'unità palestinese, tra Gaza e West Bank, è la giusta risposta a questo crimine».
La gente intonava canti tradizionali, canzoni sulla Palestina. Bandiere palestinesi e bandiere italiane, in più di qualcuno mi ha detto: «Voglio bene all'Italia!» perché l'Italia è il paese da cui proveniva Vittorio, insinuando che dovrebbe esserci «un po' di Vittorio» in ogni italiano. Qualche pianto, tanti abbracci, donne e uomini si fanno forza a vicenda. Shahed, una ragazza di 19 anni sua amica, facendosi forza racconta: «Oggi, qui all'ospedale, salutiamo la sua salma. Ma la sua anima resterà sempre con noi». Una ragazza dalla pelle scura e la faccia tonda, sventolando una bandiera palestinese, scandisce slogan seguita dalla folla: «Vittorio con i contadini, Vittorio con i pescatori, Vittorio è con la Palestina». Un altro giovane, con le braccia in alto e le dita a segnare il simbolo della vittoria urla, e altri ripetono: «Da Rafah a Jenin Vittorio figlio della Palestina». Tutti insieme, con tutto il fiato, «we all Vittorio», siamo tutti Vittorio.
Non si dimenticheranno facilmente di lui, qui a Gaza. Per andare dall'ospedale di Shifa al confine a Rafah la lunga fila di automobili e furgoni ha percorso la strada che costeggia il mare, la strada più bella di Gaza. Dal mare Vittorio era arrivato a Gaza per la prima volta nel 2008, ristabilendo la presenza degli attivisti dell'Ism nella Striscia, e gli piaceva la sera fermarsi in spiaggia a guardare il mare fumando il narghilè. Nel mare aveva accompagnato i pescatori, fornendo loro la protezione e documentando le azioni criminali delle navi da guerra israeliane. Dal mare proverà ad arrivare la prossima flotilla, quella su cui avrebbe desiderato imbarcarsi anche la madre di Vittorio. Per questo, guardando il mare, a Gaza sembra di essere un po' meno soli, sembra di essere già di là, di sentirli vicini questi compagni, questi fratelli stranieri da cui arriva la solidarietà. Fortuna che c'è il mare qui a Gaza, fortuna che anche al di là del mare non si dimenticheranno di Vittorio, anche al di là del mare porteranno avanti il suo spirito e il suo lavoro.
All'esterno del confine di Rafah si erano già radunate diverse centinaia di persone. Bandiere palestinesi e slogan. Oltre il primo cancello, all'interno della parte palestinese del confine, ce ne erano altrettante. Rappresentanti del governo hanno parlato in arabo di come stiano per arrestare gli assassini, dichiarando che sono state rese pubbliche le loro foto ed è stata posta una taglia sulla loro testa. In inglese ha parlato Osama Qashoo, riportando le parole della madre di Vittorio: «Vittorio non è solo il suo corpo, Vittorio è un'idea, e l'idea non morirà mai». A nome dell'International Solidarity Movement è stata ribadita la volontà di rimanere nella Striscia anche per portare avanti quello che con Vittorio era iniziato, ed è stata citata una sua dichiarazione di agosto: «Sulla mia lapide vorrei venisse scritta una frase di Nelson Mandela: "Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso". Vittorio Arrigoni, un vincitore».
La bara è poi uscita dall'ambulanza dell'ospedale Shifa per entrare in quella con cui avrebbe attraversato il confine. Mille mani la trasportavano, una folla accalcata sotto e attorno alla cassa di legno contenente le spoglie di Vittorio la portava via; la bara sembrava volasse da quanta gente la sosteneva, oramai non si appoggiava più alle spalle di chi la portava, si trovava molto più in alto, perché in troppi volevano sostenere la salma per dare l'ultimo saluto a un amico e compagno, a un uomo libero, a un combattente nonviolento. Un vincitore.
 

domenica 10 aprile 2011

Due donne trucidate dalle forze di occupazione l'8 aprile


L'altroieri ero a casa di un'amica ad AbuSan, e quando mi sono svegliata mi ha spiegato che le forze di occupazione sioniste avevano ammazzato 2 ragazzi all'ingresso del villaggio di Khuza'a. Giusto dove arriva la strada principale per entrare nel villaggio.

Verso mezzogiorno ero ancora a casa, perchè era Venerdì, ed il venerdì qui non si va a visitare nessuno. Si sono sentiti colpi di artiglieria israeliani dal confine. Mi hanno spiegato che venivano dal villaggio vicino, Farahin, e non erano carri armati perchè i carri armati non lanciano sufficientemente lontano, erano altri tipi di missili, fatti per arrivare più distante. Quattro boom in meno di 5 minuti. Era un momento in cui dovevo uscire per restituire una macchina fotografica ad un'altra attivista dell'ISM, e dopo poco sono uscita comunque. Per strada c'erano solo ambulanze, una gran folla di uomini era radunata davanti alla moschea. Non sapevo cosa stesse succedendo, ero incerta se andare davvero dove dovevo andare, magari poi non c'erano più mezzi per tornare indietro, magari valeva la pena andare a vedere cosa stesse succedendo. Avevo sentito passando in mezzo alla gente la parola “shuhadiin” “due martiri”, ma non sapevo se si riferissero ai 2 ragazzi ammazzati la mattina all'ingresso del villaggio o a qualcos'altro. Camminavo avanti ed indietro sul marciapiede incerta sul da farsi, magari non era successo nulla, magari la gente si era radunata davanti la moschea perché era appena finita la preghiera del mezzogiorno e le ambulanze erano in giro perché ancora non si sapeva dove erano caduti i missili... Ad un certo punto mi raggiunge un amico in bicicletta, che mi chiede cosa faccio li e perché non vado dove devo andare, io gli chiedo cosa è successo e lui mi risponde “niente niente, adesso vai dove devi andare”. E lo sapeva, lui, cosa era successo. Due donne sono state trucidate di fronte a casa loro, la madre ed una figlia, la più giovane aveva 19 anni e si sarebbe sposata di li ad un mese; altre 2 sorelle ferite, una grave. Lui lo sapeva perché erano sue parenti, perché di sicuro è uscito di casa dopo che gli avevano telefonato comunicando la morte. Però a me non lo ha detto, me lo ha spiegato solo il giorno dopo, al momento mi ha detto che non era successo niente e di andare via, voleva tenermi lontano dalla morte e dalla distruzione, era un gesto gentile (dove trovi la forza questa gente di avere gesti gentili nelle situazioni peggiori, ancora non lo ho capito). E io il giorno dopo non gli ho chiesto cosa ha visto, non ne ho avuta la forza. Lui mi ha raccontato che una delle due sorelle ferite all'ospedale ha ripreso coscienza, ed ha domandato della madre, le hanno detto che era morta, poi ha domandato della sorella, e le hanno detto che era morta. L'altra sorella ferita sta lottando per la vita.





Il giorno dell'assassinio sono andata a fare visita alla famiglia per portare condoglianze. Qui ci sono tre giorni disponibili per portare le condoglianze, e le donne sono separate dagli uomini. Nella stanza delle donne c'erano due sorelle della vittima. Avevano lo sguardo vuoto di chi ha già pianto tutte le lacrime possibili. Di chi non trova giustificazione, ammazzata con un moderno missile creato per uccidere, solo per essere nata nel posto sbagliato, solo perché “palestinese di Gaza”. Scrivo creato per uccidere perché all'esplosione il missile ha scaraventato attorno a se centinaia di proiettili rotanti, e sono stati questo ultimi a crivellare i corpi delle donne, oltre che i muri e le porte della povera abitazione, le piante e gli alberi vicini. Ci hanno guidato sulla scena dell'assassinio 2 bambini: ci hanno mostrato le piante maciullate, i muri crivellati, la porta piena di buchi, le sedie intrise di sangue. E questo oggetto, un missile in grado di lanciare centinaia di proiettili, è un'arma creata per ammazzare il maggior numero possibile di persone, per cancellare quante più vite umane possibile, non c'è alcuna giustificazione per questo, non si può in nessun modo chiamare difesa, non è creato ne' pensato per uccidere una singola persona che minaccia l'incolumità di qualcun altro, è fatto per ammazzare quante più persone possibile: non è possibile controllare dove finiscano i proiettili rotanti, comporta comunque un'altissima probabilità di uccidere persone innocenti. Ed è stato usato di proposito contro civili, da parte di quello che chiamano “l'esercito più morale del mondo”.



Al ritorno Umm Yamen mi diceva: “guarda quella che loro chiamano democrazia: noi la paghiamo con i nostri figli e figlie, con la nostra vita, con le nostre case, con la nostra terra, con i nostri ulivi, con il nostro futuro, con i nostri sogni.”

Questo non è l'unico e probabilmente nemmeno il peggiore delle aggressioni sioniste a Gaza negli ultimi giorni, da giovedì pomeriggio si sono contate 18 vittime, ed altre due persone stanno lottando per la vita.

Seguiranno i report degli attacchi.