Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


sabato 31 dicembre 2011

Esitare va benissimo, se poi fai quello che hai da fare (buon anno nuovo)

C'è una frase di Brecht: “esitare va benissimo, se poi fai quello che hai da fare”. Non è una mancanza di rispetto per chi non ha esitato, è un incoraggiamento per chi non sa se partire.

giovedì 15 dicembre 2011

No alle bollicine di Sodastream

Ricevo e pubblico quest'appello di stopagrexco:

L'acqua è limpida… gli affari di Sodastream, NO!
stopsodaSodastream, ditta israeliana che produce gasatori per l'acqua di rubinetto, spacciati per prodotti "eco-chic", nasconde una brutta verità: il suo principale impianto di produzione si trova in un insediamento israeliano costruito illegalmente nei Territori palestinesi occupati.

Diciamo ai rivenditori e ai promotori dei prodotti Sodastream che non li vogliamo in Italia!  

Le organizzazioni, associazioni, comitati e collettivi possono inviare adesioni a: stopsodastream@gmail.com


Spett.le Rivenditore/Promotore,
vi scriviamo per informarvi, in quanto rivenditori/promotori dei prodotti Sodastream, che questa ditta opera in palese violazione del diritto internazionale. Infatti, come si evince anche dal suo rapporto annuale, la principale fabbrica della Sodastream si trova a Mishor Adumim, zona industriale di Ma'aleh Adumim, un insediamento israeliano costruito illegalmente nei territori Palestinesi occupati.[1]
Per questo motivo, nel luglio del 2011 COOP Svezia, che detiene una quota di mercato pari al 21,5% dei supermercati svedesi, ha annunciato la sospensione della vendita dei prodotti Sodastream.[2]
Vi chiediamo, pertanto, di seguire l'esempio della COOP Svezia e di cessare la vendita/promozione dei prodotti Sodastream, motivando la nostra richiesta come segue:
a) Gli insediamenti israeliani nei territori Palestinesi occupati sono illegali secondo il Diritto Internazionale. I prodotti degli insediamenti sono pertanto il risultato di una violazione del diritto internazionale e di un abuso delle risorse naturali di un popolo sotto occupazione, anche questo un crimine secondo la IV Convenzione di Ginevra.[3]
b) A sancire l'illegalità degli insediamenti, una sentenza del 2010 della Corte di Giustizia della Comunità Europea ha dichiarato i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani non ammissibili per le tariffe doganali preferenziali previste dall'accordo UE-Israele.[4] È stata proprio la Sodastream al centro di questa sentenza per aver omesso il luogo esatto di provenienza sui propri prodotti.
c) La Sodastream finanzia direttamente l'insediamento di Ma'aleh Adumim attraverso le tasse comunali che vengono utilizzate esclusivamente per sostenere la crescita e lo sviluppo dell'insediamento.[5]
d) Nonostante Sodastream pubblicizzi i suoi prodotti come “eco-ambientali”, le tasse comunali pagate a Ma'aleh Adumim finanziano la gestione della discarica israeliana di Abu Dis, anche essa costruita illegalmente in Cisgiordania, in cui vengono scaricate 1100 tonnellate di rifiuti al giorno provenienti da Gerusalemme e dagli insediamenti israeliani circostanti.[6] Il Ministero dell'Ambiente israeliano ha affermato che la discarica, ubicata sopra la Mountain Aquifer, la principale fonte d'acqua in Cisgiordania, sta “inquinando corsi d'acqua e terre nelle vicinanze”.[7]
e) L'organizzazione israeliana per i diritti dei lavoratori Kav LaOved ha documentato casi in cui i lavoratori palestinesi della fabbrica Sodastream di Mishor Adumim, con poche alternative oltre a quella di lavorare negli insediamenti, erano pagati meno della metà del salario minimo, lavoravano in condizioni terribili e venivano licenziati se protestavano. Inoltre, i lavoratori palestinesi vivono sotto occupazione e quindi non godono dei diritti civili, e dipendono dai loro datori di lavoro per i permessi di lavoro.[8]
La Sodastream ha dimostrato di avere poco o nessun riguardo per il Diritto Internazionale e per i diritti umani, mentre fa di tutto per presentarsi come un'impresa socialmente responsabile che tutela l'ambiente. Invece si rende complice e trae profitti dalla sistematica violazione che il governo israeliano fa del Diritto Internazionale e dei diritti umani basilari del popolo palestinese: crimini quali la confisca illegale delle terre e delle risorse palestinesi e la costruzione del Muro di segregazione, condannata dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 2004.[9]
Poiché pensiamo che la vendita dei prodotti Sodastream avvenga da parte vostra in buona fede,  riteniamo che non vorrete in alcun modo facilitare la violazione dei diritti umani: pertanto con questa lettera, vi chiediamo di porre termine alla commercializzazione dei prodotti della Sodastream.
Attendiamo un vostro gentile riscontro.


Prime firme:
Stop Agrexco Roma
Amici della Mezzauna Rossa Palestinese
Un Ponte per...
Comitato per la Campagna di Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni contro Israele (Campania)
Women's International League for Peace and Freedom – Italia
Associazione per la Pace
Luisa Morgantini - già Vice Presidente del Parlamento Europeo
Lo Sguardo di Handala – Onlus
Statunitensi per la pace e la giustizia – Roma
Comitato varesino per la Palestina
UMVA : Unione dei musulmani varesini
Musvarè : Associazione dei musulmani italiani varesini
Omar al Faruk : Centro culturale islamico varesino
Comitato "Con la Palestina nel cuore" (Roma)
Forum Palestina
BDS Milano
Donne in Nero - Roma
Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese
BDS Pisa
Gruppo per la Palestina - Pisa
Pax Christi Italia
Istituto di Ricerca per la Pace (Italy) – Rete Corpi Civili di Pace
Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus di Firenze
Associazione per la pace della provincia di Pordenone
Coordinamento Campagna BDS Bologna
Khalil Shaheen, Director of the Economic and Social Rights Unit, Palestinian Center for Human Rights – Gaza


[1] Sodastream International Ltd. Annual Report for the Fiscal Year Ended December 31, 2010
[2] Coop stops purchases of Soda Stream , 19.07.2011
[3] IV Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, Titolo III Statuto e trattamento delle persone protette, Sezione III Territori occupati, art. 49 , 12.08.1949
[4] Corte di giustizia dell'Unione europea, Comunicato stampa n. 14/10, Prodotti originari della Cisgiordania non possono beneficiare del Regime doganale preferenziale istituito dall'accordo CE-Israele , 25.02.2010
[5] SodaStream: A Case Study for Corporate Activity in Illegal Israeli Settlements , Coalition of Women for Peace – Israel, gennaio 2011
[6] Adumim Industrial Park
[7] Jerusalem refuses to stop using Abu Dis landfill , 14.06.2011
[8] Palestinian Workers at the SodaStream Factory , SodaStream: A Case Study for Corporate Activity in Illegal Israeli Settlements, Coalition of Women for Peace – Israel, gennaio 2011
[9] Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory; Advisory Opinion of the International court of Justice. 09.07.2004

domenica 11 dicembre 2011

Racconti ISM dalla Palestina...


Su questo blog state leggendo molte storie. Volete ascoltarle dal vivo? Volete parlare con attivisti che hanno visto e vissuto esperienze come queste, non solo a Gaza ma anche e soprattutto nella Cisgiordania? Noi non vediamo l'ora di raccontare...


Siamo alcune persone che hanno fatto attivismo nella wb con l'ISM.
Vorremmo parlare di resistenza popolare in Palestina e del ruolo dell’attivismo internazionale. Vorremmo parlare di cosa significa fare interposizione nei territori occupati e di come le politiche sioniste accelerano ed intensificano processi di colonizzazione e apartheid, di come i coloni dell'estrema destra israeliana continuano ad attaccare, impuniti o addirittura protetti dall’esercito, i civili palestinesi nella loro quotidianità. Vogliamo ricordarci che tutto questo succede anche a causa del nostro silenzio e del generale consenso e asservimento dei governi occidentali. Lo vogliamo fare raccontando la specificità delle nostre esperienze con l’International Solidarity Movement, organizzazione di volontari internazionali, che nasce con lo scopo preciso di supportare e rafforzare la resistenza popolare palestinese.
Abbiamo la possibilità, in quanto testimoni, di dare una voce ad un popolo a cui troppo spesso viene negata ogni voce.
Non ci mancano video, foto e documenti. Se siete interessati ad organizzare un’iniziativa di controinformazione potete contattarci all’indirizzo italianism@inventati.org

venerdì 9 dicembre 2011

Bombardamenti israeliani nell'anniversario della prima intifada


L'interno della casa di Migdad (foto Rosa Schiano)

Israele ha celebrato l'anniversario della prima intifada quest'anno ferendo gravemente due bambini ed ucciendo un uomo che stava dormendo a Gaza. Un bombardamento alle due di notte ha distrutto una casa dove 7 persone stavano dormendo, un ragazzo vent'enne racconta come ha portato fuori dalle macerie e dalla polvere la sua famiglia e lo zio morto.

Siamo al nord di Gaza, è il 9 dicembre. La casa dove abitava Migdad Al-Zaalan è completamente inutilizzabile. Entrando si inciampa sui detriti e si rischia di cadere. Il soffitto è praticamente inesistente e i suoi resti sono sparsi su quello che resta del pavimento. Un piccolo edificio, poche stanze, una famiglia normale. Per terra, sotto la polvere, resta un materasso con un cuscino dove qualcuna dormiva, si intravede un rubinetto, materassi ammassati, bambole sommerse dai detriti, pezzi di vita quotidiana come forchette, ogni cosa anche in cucina è sommersa da macerie. Le coperte, all'uscita, sono già raccolte in grandi sacchi, pronte ad essere portate via. Questo è quello che resta dell'abitazione e degli averi di una famiglia dopo un triplice bombardamento israeliano. All'interno -se interno si può chiamare, visto che manca il soffitto- di quel che resta della casa si trova Migdad con un amico. Entrambi i ragazzi sono giovani, non più di 20 anni, e dimostrano grande forza nel raccontare quello che è accaduto.

Migdad, 20 anni, descrive quello che è successo a partire dalle 2 di notte: “Dopo la prima bomba io e la mia famiglia siamo scappati, siamo corsi fuori di casa. I nostri vicini sono nostri parenti, quindi, dopo la seconda bomba sono andato da loro per cercare mio zio, sua moglie mi chiamava da sotto i detriti perchè portassi fuori suo figlio di sei mesi, che lei teneva in braccio. Dopo la terza bomba ho continuato a scavare per cercare mio zio. Quando lo ho trovato stava ancora respirando. Mi ha detto “prenditi cura della mia famiglia, porta fuori mia moglie e i bambini” e poi è morto. Si chiamava Bahjat al-Zaalan ed aveva 38 anni.” Migdad, nel panico e nella disperazione, aggravati dalla notte e dall'incertezza di quello che sarebbe potuto accadere, racconta di avere urlato, di essersi strappato i capelli e di avere corso senza meta. “Siamo arrivati all'ospedale verso le 2.45. Due bambini di 8 e 10 anni sono stati gravemente feriti, in tutto abbiamo 12 feriti ed un morto, mio zio.” Secondo Migdad i feriti sono stati quasi tutti dimessi dall'ospedale a parte i due più bambini gravi. Con la sua famiglia andrà a vivere a casa di uno zio nel campo profughi della spiaggia.

Se la casa dove abitava Magdad è sventrata e resa inutilizzabile, la casa dello zio vicino è totalmente inesistente. Qualcuno sta lavorando tra le macerie. Il lato della casa che dava sul sito bombardato sembra dissolto, il tetto è posto in obliquo, appoggiato ad una sola parete. È pericoloso anche avvicinarsi, c'è il rischio concreto che crolli da un momento all'altro.

Israele dice di avere centrato, con le tre bombe, un campo di addestramento delle brigate al Qassam. Come se, bombardando un campo di addestramento, non fosse chiaro che si danneggiano fortemente anche le case vicine. Come se non fossero voluti questo morto e feriti tra i civili. Sferrando un attacco di quella portata a fianco di una casa c'è da aspettarsi di colpire anche i civili che nella casa stanno dormendo.
Lanciare una bomba di quel tipo in un centro abitato e dire che lo si è fatto per colpire un campo di addestramento è come tirare un forte pugno allo stomaco di qualcuno e dire che lo si è fatto per colpire una zanzara che li si era posata. Il punto non è se li c'era o non c'era una zanzara, il punto è che un forte pugno allo stomaco fa male per giorni.

Inoltre, questo è il secondo attacco da parte di Israele che provoca morti tra i palestinesi nel giro di poche ore. Ieri, 8 dicembre, una bomba ha centrato un'automobile in pieno centro di Gaza, nella strada Omar al Mukhtar, uccidendo i due passeggeri, che a quanto pare facevano parte delle brigate al-Aqsa, e ferendo 4 tra i passanti.

Proprio la notte tra il 8 e 9 dicembre di 24 anni fa è scoppiata la prima intifada, l' “intifada delle pietre”. Prima intifada in arabo si dice “intifada al-ula”. “Intifada” in arabo significa “ribellione, insurrezione” chi l'ha vissuta racconta che erano soprattutto i più giovani a partecipare alla rivolta. La scintilla che ha fatto partire la prima intifada è stata l'uccisione di 4 lavoratori palestinesi in un incidente stradale con un veicolo delle forze di occupazione, però le vere cause sono più profonde, si trovano nell'occupazione israeliana, negli omicidi mirati, nei numerosissimi arresti, nella violenza quotidiana che il popolo palestinese era costretto a subire, nell'abbandono da parte della comunità araba. Appunto la notte tra l'8 e il 9 dicembre 1987 una manifestazione è partita da Jabalya e nel giro di poci giorni l'insurrezione si è poi diffusa in tutta la Palestina occupata. Così è come, in uno scambio di lettere, uno dei maggiori poeti palestinesi pronosticava la prima intifada:

Hai ragione. Hai ragione: abbiamo bisogno urgente della prima fede e del primo fuoco. Abbiamo bisogno della nostra semplicità. Abbiamo bisogno del primo insegnamento della patria: Resistere con tutto ciò che possediamo di tenacia ed ironia. Con tutto ciò che possediamo di furore. Nei momenti critici aumentano le profezie. Ed eccomi vedere il viso della libertà accerchiato da due ramoscelli d’ulivo. Lo vedo sorgere da un sasso”.
Maĥmud Darwish; Parigi 05/08/1986

Il tetto della casa di Migdad (foto Rosa Schiano)

mercoledì 7 dicembre 2011

AAA - Cercasi attivist*


Si cercano persone disposte a venire a Gaza con l'ISM. La paga è nulla, il lavoro tanto, i rischi molti. Si chiede un lungo periodo di tempo a disposizione, di essere preparati, che siate resistenti come ulivi.
E soprattutto vi si chiede di essere molto, molto motivat*.
Nonostante tutto questo, stiamo diventando sempre meno, e prima arrivate meglio è...

Attivist* a Gaza con l'ISM

L'International Solidarity Movement lancia un appello perchè nuov* attivist* si uniscano al nostro gruppo nella striscia di Gaza assediata.
Dopo avere lasciato la striscia nel 2003 in seguito agli omicidi di Rachel Corrie e Tom Hurndall, l'ISM Gaza è rinato nel mese di agosto 2008 quando attivisti ISM ed altri volontari hanno compiuto lo storico viaggio per rompere l'assedio di Gaza a bordo della prima free-gaza boat. Da allora e per oltre 3 anni di assedio, l'ISM ha mantenuto una presenza costante a Gaza.

Gli attivisti ISM hanno rifiutato di andarsene quando Israele ha iniziato a bombardare Gaza nel dicembre 2008. Durante i 23 giorni di devastanti attacchi, essi hanno accompagnato le ambulanze e fornito essenziali testimonianze.

La vita quotidiana a Gaza è un'atroce lotta. In palese violazione del diritto internazionale, Israele impone il limite di tre miglia marine ai pescatori. La “buffer zone”, unilateralmente imposta da Israele, divora oltre un terzo delle aree agricole della striscia, quelle che si trovano lungo il confine. Regolarmente viene sparato ai contadini e talvolta vengono uccisi con la sola colpa di coltivare la propria terra all'interno dei confini di Gaza.

Gli attivisti di ISM Gaza accompagnano contadini e manifestanti nella buffer zone, tanto quanto i pescatori, costantemente molestati dalla marina militare israeliana. All'indirizzo http://www.palsolidarity.org/main/category/gaza/ puoi trovare video, foto e leggere i report di ISM-Gaza.

Coloro che vogliono fare parte del gruppo ISM-Gaza dovranno frequentare un training nel paese d'origine, e devono comunicare con i volontari presenti a Gaza prima del loro arrivo. Entrare a Gaza è un processo lungo che può richiedere del tempo da trascorrere in Egitto. Tutti i volontari dell'ISM-Gaza devono accettare e rispettare i principi ISM delineati sul sito www.palsolidarity.org .

Inoltre si raccomanda:

  • Una precedente esperienza di attivismo con l'ISM nella Cisgiordania (in alternativa è necessario avere esperienza di azioni dirette nonviolente, preferibilmente in altre parti del medio oriente.)
  • Comprensione della storia della Palestina, ed una certa conoscenza dell'attuale situazione politica
  • Una conoscenza di base dell'arabo è fortemente consigliata, altrimenti è necessario l'inglese.
  • Sensibilità alla cultura locale
  • Possibilità di rimanere a Gaza per lunghi periodi di tempo (più di un mese)
  • Elevato grado di autonomia ed autosufficienza
  • Capacità di affrontare situazioni di stress prolungato
  • Aver sperimentato il metodo del consenso per prendere decisioni

Per ultieriori informazioni, inerenti al corso di formazione o altro, perfavore scrivete a gazaism@gmail.com (in inglese)

sabato 3 dicembre 2011

Sequestri e spari contro i pescatori

Questo è di 3 giorni fa, ma meglio tardi che mai...

(traduzione di Rosa Schiano e mia da un articolo di Radhika Sainath)

La marina israeliana spara a pescatori palestinesi che avevano intentato causa contro Israele, sequestrati almeno altri nove nelle acque di Gaza.

Ieri la marina israeliana si è violentemente impossessata di due pescherecci palestinesi nelle acque di Gaza, sparando ad un pescatore ad un braccio, ed in conclusione costringendo almeno dieci uomini ad andare ad Ashdod, in Israele, dove sono stati interrogati per parecchie ore. Israele ha rilasciato tutti i pescatori alle due di questo mattino.

Nehad Mohamed Rajab Al-Hesy, 28 anni, ha riferito che la sua imbarcazione ed altre sei stavano pescando nella stessa area alle 11.30 circa di martedì mattina quando ha improvvisamente visto cinque navi israeliane - tre grandi e due piccole - avvicinarsi alla sua barca e a quella di Omar al Habil. Racconta Al-Hesy che entrambi gli uomini avevano intentato causa contro Israele per aver distrutto i loro mezzi in passato.

"Gli israliani hanno detto alle altre quattro imbarcazioni di tornare a Gaza. Tutte e sei le imbarcazioni hanno cercato di raccogliere le proprie reti ma a noi lo hanno impedito. Gli israeliani ci hanno aperto il fuoco contro e mi hanno colpito all'avanbraccio. Il proiettile è entrato ed uscito dal mio braccio," ha aggiunto mostrando il suo braccio sinistro fasciato con garza bianca e bende.

La marina israeliana poi ha chiesto chi fosse il responsabile della barca e Al-Hesy ha risposto che la barca era sua.
Successivamente, la marina israeliana gli ha ordinato di togliersi i vestiti, tuffarsi in acqua e nuotare fino a raggiungere le navi israeliane, poi hanno chiesto agli altri tre - Mohamed Rajab Mohamed Al-Hesy (18 anni), Jarrimal Jehad Rajab Al-Hesy (22 anni) e Mohamed Jehad Rajab Al-Hesy (19 anni) -  di fare lo stesso.

"è stata un'esperienza terribile. Una cosa spaventosa," ha detto Jarrmal, 22 anni. "Ora siamo tutti malati a causa delle acque fredde in cui ci hanno costretti a nuotare."

Una volta sulla barca, Al-Hesy è stato bendato e le forze israeliane gli hanno legato le braccia dietro la schiena e lo hanno costretto a sedersi in una posizione dolorosa per parecchie ore. "La mia schiena, le mie spalle e il braccio a cui mi avevano sparato mi facevano malissimo", ha detto, "ma pensavo alla mia imbarcazione perchè è l'unica rendita su cui può contare la mia famiglia."

Ad Ashdod, le forze israeliane hanno iniziato ad interrogare Al-Hesy alle 17.00

"Perché avete infranto il limite delle tre miglia?", gli ha domandato un soldato israeliano.

"Durante Oslo, ci era consentito di raggiungere le 20 miglia quindi perché non ci permettete di andare oltre le tre miglia? Queste tre miglia non sono sufficienti," ha risposto Al-Hesy.

"Io non rappresento l'esercito israeliano," ha risposto il soldato, secondo Al-Hesy. "Ma voi avete qualche cosa che non va. Perché voi pescatori non vi riunite e vi rivolgete alle Nazioni Unite e non andate ai centri per i diritti umani così da poter suoerare le tre miglia?"

Successivamente il soldato ha cambiato l'argomento dell'interrotorio, chiedendo ad Al-Hesy i nomi dei poliziotti che lavorano al porto. Al termine dell'interrogatorio, fu detto a Al-Hesy che sarebbe stato rimandato a Gaza, ma lui si è rifiutato di andare senza la sua barca.

Ha spiegato che nel 2003, la marina israeliana prese la sua barca insieme a circa 10.000 $ di equipaggiamento. Ha detto al soldato: "Tutta la mia famiglia dipende da questa barca. Noi non possiamo vivere senza questa barca. Se non torno indietro, qui posso mangiare e bere. Se rientro senza la mia barca non avrò da mangiare."

Quando Al-Hesy ha visto gli altri pescatori, ha spiegato loro che non sarebbe tornato a Gaza senza la sua barca. Gli altri pescatori si sono messi d'accordo per fare lo stesso e hanno rifiutato di salire sul pullman diretto al confine di Erez.
Le forze israeliane alla fine hanno obbligato tutti i pescatori a salire sul pullman.

Al-Hesy e gli altri uomini sono stati alla fine rilasciati alle 2 del mattino, ma il suo peschereccio, insieme a quello di Omar al Habil, rimane sotto custodia israeliana. Al-Hesy pesca da quando aveva 13 anni e guadagna circa 20 shekels a giorno, o 4 Euro. Egli ricorda che guadagnava 1000 shekels (200 Euro) quando Israele permetteva di pescare fino alle 20 miglia. Oltre a sostenere la ferita da proiettile ricevuta dall'esercio, Al-Hesy ha anche piaghe intorno alla caviglia destra a causa delle manette.

La causa riguardante l' incidente del 2007, in cui la marina israeliana distrusse un'altra sua imbarcazione, è ancora pendente.

"Noi pescatori non facciamo mai nulla di male. Noi non spariamo missili dalle nostre barche, noi non tocchiamo nessuno di loro, ma loro uccidono pescatori, arrestano pescatori; sequestrano così tante barche".


(foto di Radhika Sainath)