L'interno della casa di Migdad (foto Rosa Schiano) |
Israele ha celebrato l'anniversario della prima intifada quest'anno ferendo gravemente due bambini ed ucciendo un uomo che stava dormendo a Gaza. Un bombardamento alle due di notte ha distrutto una casa dove 7 persone stavano dormendo, un ragazzo vent'enne racconta come ha portato fuori dalle macerie e dalla polvere la sua famiglia e lo zio morto.
Siamo al nord di Gaza, è il 9 dicembre. La casa dove abitava Migdad Al-Zaalan è completamente inutilizzabile. Entrando si inciampa sui detriti e si rischia di cadere. Il soffitto è praticamente inesistente e i suoi resti sono sparsi su quello che resta del pavimento. Un piccolo edificio, poche stanze, una famiglia normale. Per terra, sotto la polvere, resta un materasso con un cuscino dove qualcuna dormiva, si intravede un rubinetto, materassi ammassati, bambole sommerse dai detriti, pezzi di vita quotidiana come forchette, ogni cosa anche in cucina è sommersa da macerie. Le coperte, all'uscita, sono già raccolte in grandi sacchi, pronte ad essere portate via. Questo è quello che resta dell'abitazione e degli averi di una famiglia dopo un triplice bombardamento israeliano. All'interno -se interno si può chiamare, visto che manca il soffitto- di quel che resta della casa si trova Migdad con un amico. Entrambi i ragazzi sono giovani, non più di 20 anni, e dimostrano grande forza nel raccontare quello che è accaduto.
Migdad, 20 anni, descrive quello che è successo a partire dalle 2 di notte: “Dopo la prima bomba io e la mia famiglia siamo scappati, siamo corsi fuori di casa. I nostri vicini sono nostri parenti, quindi, dopo la seconda bomba sono andato da loro per cercare mio zio, sua moglie mi chiamava da sotto i detriti perchè portassi fuori suo figlio di sei mesi, che lei teneva in braccio. Dopo la terza bomba ho continuato a scavare per cercare mio zio. Quando lo ho trovato stava ancora respirando. Mi ha detto “prenditi cura della mia famiglia, porta fuori mia moglie e i bambini” e poi è morto. Si chiamava Bahjat al-Zaalan ed aveva 38 anni.” Migdad, nel panico e nella disperazione, aggravati dalla notte e dall'incertezza di quello che sarebbe potuto accadere, racconta di avere urlato, di essersi strappato i capelli e di avere corso senza meta. “Siamo arrivati all'ospedale verso le 2.45. Due bambini di 8 e 10 anni sono stati gravemente feriti, in tutto abbiamo 12 feriti ed un morto, mio zio.” Secondo Migdad i feriti sono stati quasi tutti dimessi dall'ospedale a parte i due più bambini gravi. Con la sua famiglia andrà a vivere a casa di uno zio nel campo profughi della spiaggia.
Se la casa dove abitava Magdad è sventrata e resa inutilizzabile, la casa dello zio vicino è totalmente inesistente. Qualcuno sta lavorando tra le macerie. Il lato della casa che dava sul sito bombardato sembra dissolto, il tetto è posto in obliquo, appoggiato ad una sola parete. È pericoloso anche avvicinarsi, c'è il rischio concreto che crolli da un momento all'altro.
Israele dice di avere centrato, con le tre bombe, un campo di addestramento delle brigate al Qassam. Come se, bombardando un campo di addestramento, non fosse chiaro che si danneggiano fortemente anche le case vicine. Come se non fossero voluti questo morto e feriti tra i civili. Sferrando un attacco di quella portata a fianco di una casa c'è da aspettarsi di colpire anche i civili che nella casa stanno dormendo.
Lanciare una bomba di quel tipo in un centro abitato e dire che lo si è fatto per colpire un campo di addestramento è come tirare un forte pugno allo stomaco di qualcuno e dire che lo si è fatto per colpire una zanzara che li si era posata. Il punto non è se li c'era o non c'era una zanzara, il punto è che un forte pugno allo stomaco fa male per giorni.
Inoltre, questo è il secondo attacco da parte di Israele che provoca morti tra i palestinesi nel giro di poche ore. Ieri, 8 dicembre, una bomba ha centrato un'automobile in pieno centro di Gaza, nella strada Omar al Mukhtar, uccidendo i due passeggeri, che a quanto pare facevano parte delle brigate al-Aqsa, e ferendo 4 tra i passanti.
Proprio la notte tra il 8 e 9 dicembre di 24 anni fa è scoppiata la prima intifada, l' “intifada delle pietre”. Prima intifada in arabo si dice “intifada al-ula”. “Intifada” in arabo significa “ribellione, insurrezione” chi l'ha vissuta racconta che erano soprattutto i più giovani a partecipare alla rivolta. La scintilla che ha fatto partire la prima intifada è stata l'uccisione di 4 lavoratori palestinesi in un incidente stradale con un veicolo delle forze di occupazione, però le vere cause sono più profonde, si trovano nell'occupazione israeliana, negli omicidi mirati, nei numerosissimi arresti, nella violenza quotidiana che il popolo palestinese era costretto a subire, nell'abbandono da parte della comunità araba. Appunto la notte tra l'8 e il 9 dicembre 1987 una manifestazione è partita da Jabalya e nel giro di poci giorni l'insurrezione si è poi diffusa in tutta la Palestina occupata. Così è come, in uno scambio di lettere, uno dei maggiori poeti palestinesi pronosticava la prima intifada:
“Hai ragione. Hai ragione: abbiamo bisogno urgente della prima fede e del primo fuoco. Abbiamo bisogno della nostra semplicità. Abbiamo bisogno del primo insegnamento della patria: Resistere con tutto ciò che possediamo di tenacia ed ironia. Con tutto ciò che possediamo di furore. Nei momenti critici aumentano le profezie. Ed eccomi vedere il viso della libertà accerchiato da due ramoscelli d’ulivo. Lo vedo sorgere da un sasso”.
Maĥmud Darwish; Parigi 05/08/1986
Il tetto della casa di Migdad (foto Rosa Schiano) |
http://act-theatret.blogspot.com/2011/10/teatro-e-resistenza.html
RispondiEliminahttp://www.varese7press.it/39338/esteri/altri-attacchi-israeliani-su-gaza-feriti-anziani-e-bambini-il-reportage-di-silvia-todeschini
RispondiEliminaCiao Silvia...un forte abbraccio!
Valeria