Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


domenica 22 dicembre 2013

Accompagnamenti di contadini a Khuza'a (VIDEO)



In questi giorni alcun* attivist* internazionali stanno accompagnando i contadini palestinesi nelle loro terre vicine alla barriera di separazione tra i territori occupati nel '48 e la striscia di Gaza. Abbiamo notato, negli ultimi giorni, un aumento nella presenza delle forze di occupazione sioniste: qualche giorno fa si sono sentiti più droni ed f-16, poi le jeep e i bulldozer di la della barriera hanno cominciato a muoversi più spesso, e oggi due jeep, che hanno stazionato di fronte all'area dove si seminava e i trattori aravano, hanno sparato alcuni colpi in aria ed uno a terra. In questo video, il filmato dell'ultimo episodio.


In queste terre, fino alla seconda intifada, crescevano ulivi aranci e limoni, dopodichè sono stati sradicati da bulldozer militari e dai carri armati delle forze di occupazione. Dopo piombo fuso stato posto il limite dei 300 metri come zona invalicabile, ma le aggressioni verso i palestinesi non si limitavano a quell'area: secondo i rapporti dell'ONU, le zone ad alto rischio arrivavano in alcune aree anche a 2 chilometri dal confine, e in tutto comprendevano il 35% delle terre coltivabili di Gaza. In seguito alla tregua stipulata dopo l'attacco sionista chiamato pilastro di difesa, i contadini hanno potuto raggiungere le loro terre fino ai 100 metri, ma ora, secondo i factsheet del Palestinian Center for Human Rights, la situazione è molto simile a quella evidenziata prima dell'attacco: le aggressioni sioniste arrivano fino ai 1500 metri dal confine, le zone ad alto rischio comprendono il 35% delle terre coltivabili palestinesi, e, tra le aree ad accesso ristretto, il 95% è coltivabile. Sempre secondo i dati del PCHR, l'ultimo contadino ammazzato, nello svolgimento del suo lavoro, dalle forze di occupazione, si chiamava Mustafa Abdul Hakim Mustafa Abu Jarad ed è stato colpito da un proiettile alla testa il 14 gennaio 2013, mentre si trovava a 1200 metri dalla barriera: lui è solo una delle 4 persone uccise quest'anno nelle aree vicino alla barriera di separazione.
Non solo i contadini palestinesi vengono attaccati durante il loro lavoro, ma la stessa terra che coltivano viene distrutta dal passaggio dei bulldozer e dei carri armati: essi creano dei profondi solchi che rendono difficile il passaggio del trattore per arare, e così facendo mescolano gli strati di terra rendendola meno fertile. Inoltre, le cisterne d'acqua che servono per irrigare in quest'area sono tutte distrutte dai colpi di arma da fuoco. (alcune immagini della terradistrutta vicino al confine qui)

Nella barriera di separazione sono installati diversi strumenti di repressione: ci sono torrette con armi automatiche, ci sono torrette su cui si possono appostare i checchini, ci sono alte colonne di ferro in cui sono installate telecamere ed altre in cui sono installati radar. C'è il filo spinato, ci sono cancelli da cui possono entrare mezzi militari sionisti, ci sono palloni aerostatici dotati di telecamere, ed altro ancora. (alcune foto di questi strumenti qui)

Le violenze dei sionisti verso i contadini e pescatori palestinesi sono un attacco non soltanto alla loro possibilità di lavorare, ma anche all'autosufficienza alimentare di tutti gli abitanti della striscia.

La presenza di attivisti stranieri con talvolta riesce a calmare leggermente la situazione, perché sono testimoni scomodi per le forze armate di occupazione; ma i veri "eroi" sono i contadini, che continuano a voler raggiungere la loro terra, sebbene senza irrigazione la si possa coltivare solo a grano, sebbene dopo averla coltivata solo a grano per diversi anni non renda più molto. Gli "eroi" sono i contadini che, di generazione in generazione, continuano ad affermare “adha hardy!” “questa è la mia terra!” indipendentemente da quanto forte possa essere la repressione sionista con tutti i suoi mezzi, armi, armature e mezzi di controllo. (Qui foto dei contadini)

lunedì 16 dicembre 2013

Umm Rami e Umm Dia'a sperano che i loro figli vengano liberati la settimana prossima.


Ogni lunedì, attivisti e parenti dei prigionieri politici nelle carceri israeliane, si trovano per un sit-in di solidarietà all'interno del cortile della croce rossa di Gaza. La perseveranza di queste donne e uomini, che si incontrano qui da diversi anni ogni settimana, è ammirevole; però questo lunedì è animato da una speciale speranza.

sabato 14 dicembre 2013

Maltempo a Gaza

A causa del maltempo, a Gaza, ci sono vie di comunicazione interrotte, intere aree allagate, centinaia di famiglie evacuate, numerosi feriti e quattro morti. L'assedio e l'occupazione sioniste contribuiscono ad aggravare la situazione per decine di migliaia di persone.




giovedì 12 dicembre 2013

Sotto il fuoco israeliano, i pescatori di Gaza montano una tenda in segno di protesta per “liberare il mare della Terra Santa”


Per diffusione immediata 12 Dicembre 2013

Martedì 17 Dicembre, i pescatori palestinesi monteranno una tenda in segno di protesta all’interno del porto di Gaza. La struttura, che resterà montata per tre giorni e sarà allestita con fotografie di pescatori attaccati o arrestati dalla marina militare israeliana, sarà intesa come manifestazione contro il blocco navale di Israele della Striscia di Gaza e i suoi attacchi ai pescatori palestinesi.
I pescatori che in precedenza sono stati arrestati o catturati, così come rappresentanti dei pescatori e di organizzazioni dei diritti umani, saranno disponibili per essere intervistati. Parteciperanno anche sostenitori palestinesi ed internazionali che parlano arabo, catalano, inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese, spagnolo e svedese.

I pescatori palestinesi e il loro diritto a lavorare.

Si dice che, quello di lavorare, sia un diritto. I pescatori di Gaza, come i contadini, non hanno questo diritto; e non lo hanno perché una potenza occupante li mette in difficoltà in diversi modi.

I pescatori palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la fine dell'assedio. Anche organizzando iniziative in altri Paesi.

 
Foto tratta da: fishing under fire

domenica 8 dicembre 2013

Contadini a Khuza'a

Oggi abbiamo accompagnato alcuni contadini a coltivare le loro terre vicino alla barriera di separazione sionista.
Vi propongo alcune foto.

venerdì 6 dicembre 2013

Mini-arche di Gaza e manifestazione dei pescatori

Questo lo pubblico con un po' di ritardo, quindi inserisco due post in uno.
Innanzitutto un video sulle mini-arche lanciate dai bambini di Gaza per rompere simbolicamente l'assedio, e poi un album fotografico su un'iniziativa portata avanti con i pescatori di Gaza, con l'articolo di Charlie tradotto da arca di Gaza Italia.

Piove a Gaza


Piove. 
Qui piove poco, e quando piove è una festa. 
Quando piove, si dice, si lavano i peccati. 
Quando piove, si può seminare il grano, anche vicino al confine. Fino a 15 anni fa non occorreva aspettare che piovesse, perché era possibile irrigare. C'erano cisterne di acqua sopraelevate apposta. Adesso i sionisti hanno sparato anche a quelle, rendendole inservibili; e sono molto efficienti nel distruggere ogni possibile impianto di irrigazione. Così, per ora, si semina dopo la pioggia. 

sabato 30 novembre 2013

Un'incursione del 2006 le cui ferite ancora bruciano

Tratto da:  https://www.facebook.com/media/set/?set=a.612882055426409.1073741829 (indirizzo a cui potete trovare anche tutte le foto)

Jabal al-Kashef è un villaggio a est di Jabalia, nel nord della striscia di Gaza.
La barriera di separazione si vede in lontananza, al di la di alcuni campi coltivati con alberi di limoni arance e olive giovani e bassi. Gli alberi da frutto sono giovani e bassi perché dal 2006 sono stati sradicati tre volte, e tre volte sono stati ripiantati.
“Mia figlia ha passato due settimane sotto shock senza parlare. Per una settimana non riconosceva nemmeno i familiari e non si ricordava il suo nome. Aveva dieci anni durante l'incursione del 2006, quando, per 17 giorni, 21 soldati hanno invaso la nostra casa. Sono entrati sbattendo forte sulla porta ed urlando, hanno preso mio marito e lo hanno portato fuori, e poi sono entrati in casa nostra. Lo hanno spogliato e interrogato, domandandogli della resistenza: per ore non abbiamo avuto modo di comunicare con lui, non sapevamo come stesse ne' cosa gli stessero facendo; e nemmeno lui sapeva cosa ne fosse stato di noi. Durante i 17 giorni in cui le forze di occupazione avevano invaso la nostra casa noi siamo rimasti rinchiusi nel sottoscala, eravamo le mie figlie di 10 e 13 anni, i miei figli di 11 e 12 anni, mio marito, mia suocera ed io. La luna rossa non riusciva ad arrivare nell'area, e quindi non poteva portarci cibo, gli ultimi giorni mettevamo del pane nel tè per poter sfamare i bambini, mentre i soldati ci puntavano le armi contro. I soldati hanno scritto offese sconce sui muri, hanno reso inservibili i mobili e li abbiamo dovuti ricomprare. Mio marito piangeva, domandando come siamo arrivati a questo punto, in cui non poteva nemmeno dare da mangiare ai suoi figli, in cui non riuscivamo ad avere coperte...” Racconta Suad, descrivendo un'incursione nell'ottobre 2006. “Nello stesso periodo hanno distrutto 5 dunam dei nostri alberi, avevamo aranci, olivi, limoni: come tutti, qui, vivevamo di quello. Sono tornati a casa nostra anche durante piombo fuso e colonna di difesa, le hanno dato fuoco, ci hanno lanciato due missili che sono arrivati nella stanza da letto e in ingresso, provocando delle crepe che fanno passare l'acqua, mentre l'edificio è crivellato di colpi di arma da fuoco israeliano.”

martedì 26 novembre 2013

Un giorno a Khuza'a


L'autista non arriva fino a casa di Taraji.



L'autista non arriva fino a casa di Taraji. Mi porta fino a metà della strada dove abita, e poi dice che devo proseguire da sola. Non è un problema proseguire da sola, avrò percorso quella strada centinaia di volte.

La via dove abita Taraji si avvicina molto al confine. Casa sua si trova alla fine della strada, a poche centinaia di metri dal confine. Dal tetto, quando è giorno, si vedono alcuni campi; poi la terra brulla della no-go zone imposta da Israele con le armi, dove una volta crescevano ulivi ed aranci mentre ora i bulldozer sionisti distruggono qualsiasi cosa si cerchi di coltivare; e la barriera di separazione con le torrette e i cumuli di terra che servono a nascondere i mezzi militari di occupazione. È comprensibile che l'autista non voglia guidare fino a li.

L'autista non arriva fino a casa di Taraji. Dice che se vi fosse stata la luce ci sarebbe andato, ma così, al buio, non se la sente.

sabato 23 novembre 2013

Appello da Gaza per la manifestazione del 30 novembre a Torino





In questo breve video, cinque attivist* di Gaza invitano, ciascuno con le sue motivazioni, a partecipare alla manifestazione del 30 novembre a Torino contro il vertice Letta-Netanyahu.
In ordine di apparizione, essi sono:
Mariam Abudaqqa membro del PFLP e presidente dell'associazione "Palestinian Development Women Studies Associations";
Mohammad Abedulla, movimento BDS e direttore del Palestine Network;
Khalil Shahreen, direttore del dipartimento per i diritti sociali ed economici del PCHR (Palestinian Center for Human Rights;
Mohammed Hassona, IAP;
Eman Sourani, attivista BDS.

In particolare, Khalil, nel suo ruolo di avvocato evidenzia come l'occupazione e l'assedio israeliano siano illegali secondo la legislazione internazionale, e come Netanyahu in particolare sia un criminale di guerra; Eman, da attivista BDS, spiega l'importanza di boicottare Israele; e Mariam riesce a dare una visione più ampia del problema, definendo senza mezzi termini l'occupazione sionista come “fascista”, e ricordando come il problema di fondo sia il capitalismo, che si declina nell'occupazione sionista della Palestina, ma anche nelle oppressioni quotidiane che tutti i popoli del mondo sono costretti a subire.

giovedì 21 novembre 2013

Attraversando Rafah



Dopo dieci giorni ininterrotti di chiusura, il valico di Rafah è aperto per 3 giorni. Negli ultimi mesi è stato tenuto spesso chiuso dal governo egiziano, “per motivi di sicurezza” dicevano. Dal momento che il valico di Erez è inaccessibile ai più, Rafah è il passaggio principale presente tra il milione e settecentomila abitanti della Striscia di Gaza, sotto assedio oramai da 7 anni, e il resto del mondo. Un altro possibile passaggio – dedicato quasi esclusivamente alle merci – erano i tunnel sotterranei, ma anch'essi sono stati distrutti.

giovedì 14 novembre 2013

Perchè amo questo popolo (l'idea che c'è dietro al libro)


Volevo raccontarvi perché e per chi ho scritto questo libro.

Se volete la descrizione tecnica, andate a leggervi la scheda qui. Non è la scheda del libro quella che state per leggere, quanto piuttosto la descrizione di come è nato e di cosa mi ha mossa a metterlo nero su bianco.

martedì 12 novembre 2013

Qualche buona ragione per essere a Torino dal 30 novembre al 2 dicembre (quarta parte)


Con questo post vorrei chiudere il cerchio, come si dice, riguardo questi 4 post sulle ragioni per andare a Torino a manifestare dal 30 novembre al 2 dicembre; senza pretendere di esaurire l'argomento, ma cercando di tirare le fila di quanto detto finora aggiungendo nuovi elementi.  (potete trovare le prime tre parti qui, qui e qui)

Vorrei focalizzarmi sul perchè Israele sarebbe quello che Monti chiama una “start up nation”; o, in altre parole, andare a vedere alcune ragioni sul perché l'economia israeliana sia così prospera o perlomeno perché negli ultimi 40-50 anni sia cresciuta così velocemente. Perché il fatto che l'economia israeliana sia in così forte crescita non è slegato dal commercio di armi e dal commercio di know how e tecnologie per il controllo di massa; come non è slegato dall'essenza stessa di Israele: l'occupante sionista del popolo e delle terre palestinesi riesce ovviamente a trarre profitto dal popolo e dalle risorse che ha occupato.

venerdì 8 novembre 2013

Qualche buona ragione per essere a Torino dal 30 novembre al 2 dicembre (terza parte)



Dopo aver visto in sintesi il volume degli scambi di armamenti tra Italia e Israele, aver fatto una carrellata sulle relazioni diplomatiche tra i rappresentanti degli eserciti e non solo, oggi cambiamo leggermente argomento.

L'obiettivo di questo post è dare un'idea di come Israele possa essere considerato un laboratorio per quanto riguarda la repressione e il controllo, e di come queste conoscenze e tecnologie vengano esportate anche in Italia.

giovedì 7 novembre 2013

Khan Al Khalili (foto del mercato del Cairo)

Aspettando di poter tornare (a Gaza)... qualche foto dal mercato grande del Cairo! 


lunedì 4 novembre 2013

Qualche buona ragione per essere a Torino dal 30 novembre al 2 dicembre (seconda parte)


Ecco qui come promesso altre buone ragioni per essere e Torino dal 30 novembre al 2 dicembre a opporci agli accordi bilaterali tra Italia e Israele. (qui la prima parte)
Andremo ora a guardare gli ultimi accordi tra Italia e Israele, soffermandoci in particolare su quelli che riguardano l'area militare, le esercitazioni congiunte, e in generale quella che i nostri governanti chiamano “difesa”.  

giovedì 31 ottobre 2013

Qualche buona ragione per essere a Torino dal 30 novembre al 2 dicembre (prima parte).

Il 2 dicembre, a Torino, Netanyahu e Letta si incontreranno in un vertice bilaterale. Il Presidente del consiglio descrive l'incontro come “un'opportunità per capire come costruire anche noi una start up nation”. Si tratta di rafforzare la collaborazione con Israele soprattutto per quanto riguarda le imprese “start up” e quelle che si occupano di innovazione tecnologica in generale. La collaborazione verterà “soprattutto sul trasferimento tecnologico, la formazione, gli investimenti e, in generale, la condivisione di esperienze tra le rispettive imprese attive sul fronte dell'innovazione tecnologica”.1 In una nota l'ICE (acronimo di Istituto Commercio Estero, l'agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane) spiega che gli ambiti più remunerativi per le aziende che vogliono investire in Israele sono:
  • energie rinnovabili – gas
  • aerospazio
  • cyber security
  • infrastrutture
  • sanità biomedicale
  • expo 20152



Detto questo, le ragioni per cui è importante essere a Torino ad affermare con forza il nostro “No!” a questi accordi sono talmente tante che ci si riempirebbe non un libro, ma una collana di libri.

E quindi, eccone alcune, in estrema sintesi, senza sperare di esaurirle. Altre seguiranno in altri post.

domenica 27 ottobre 2013

Attesa.

il primo dei diari sotto il nome "Sil".

“Potresti fare l'insegnante. Ti piace insegnare no?” “Certo che mi piace. Come mi piace fare il pane e scattare foto.” “E allora resta in Italia! Perché andare a Gaza? Perché trovare ancora sofferenza? Perché rischiare?”

Sto qui, in attesa. Stiamo qui, in attesa. “burocrazia” dicono.