Questo lo pubblico con un po' di ritardo, quindi inserisco due post in uno.
Innanzitutto un video sulle mini-arche lanciate dai bambini di Gaza per rompere simbolicamente l'assedio, e poi un album fotografico su un'iniziativa portata avanti con i pescatori di Gaza, con l'articolo di Charlie tradotto da arca di Gaza Italia.
PRIMA INIZIATIVA:
Il 30 novembre 2013, 190 barchette lunghe 40 cm sono state lasciate nel mare di Gaza, per rompere simbolicamente l'assedio in vista della partenza dell'Arza di Gaza la prossima primavera.
Il 30 novembre 2013, 190 barchette lunghe 40 cm sono state lasciate nel mare di Gaza, per rompere simbolicamente l'assedio in vista della partenza dell'Arza di Gaza la prossima primavera.
SECONDA INIZIATIVA:
Il 2 dicembre i pescatori di Gaza sono usciti in manifestazione per evidenziare i continui soprusi dei sionisti nei loro confronti ed il silenzio della comunità internazionale. L'area a cui possono accedere è stata ristretta sia a nord che a sud, vengono spesso attaccati dalle navi da guerra israeliane anche all'interno delle 6 miglia nautiche dove, secondo gli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero avere libero accesso: nell'ultimo anno 59 pescatori sono stati sequestrati da Israele, 14 sono stati feriti da proiettili, 14 barche sono state distrutte. Inoltre, la mancanza di carburante fa si che il suo prezzo sia più che raddoppiato, il che impedisce a molti di uscire in barca. Lo scopo della manifestazione è stato quello di attirare l'attenzione su questa drammatica situazione, sono state raggiunte le 4.5 miglia nautiche e poi si è tornati indietro. La notte prima della manifestazione e la mattina del giorno stesso almeno 4 pescatori hanno ricevuto una chiamata dal Mossad che li minacciava di arresto nel caso in cui avessero partecipato. A questa iniziativa i pescatori di Gaza ne faranno seguire altre, anche se di diverso stampo.
Il 2 dicembre i pescatori di Gaza sono usciti in manifestazione per evidenziare i continui soprusi dei sionisti nei loro confronti ed il silenzio della comunità internazionale. L'area a cui possono accedere è stata ristretta sia a nord che a sud, vengono spesso attaccati dalle navi da guerra israeliane anche all'interno delle 6 miglia nautiche dove, secondo gli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero avere libero accesso: nell'ultimo anno 59 pescatori sono stati sequestrati da Israele, 14 sono stati feriti da proiettili, 14 barche sono state distrutte. Inoltre, la mancanza di carburante fa si che il suo prezzo sia più che raddoppiato, il che impedisce a molti di uscire in barca. Lo scopo della manifestazione è stato quello di attirare l'attenzione su questa drammatica situazione, sono state raggiunte le 4.5 miglia nautiche e poi si è tornati indietro. La notte prima della manifestazione e la mattina del giorno stesso almeno 4 pescatori hanno ricevuto una chiamata dal Mossad che li minacciava di arresto nel caso in cui avessero partecipato. A questa iniziativa i pescatori di Gaza ne faranno seguire altre, anche se di diverso stampo.
Pescatori palestinesi ed attivisti salpano per protestare contro l'assedio israeliano su Gaza
Lunedì
2 Dicembre 2013, 200-250 Palestinesi, attivisti stranieri e
giornalisti, molti da media internazionali, si sono raccolti nel porto
di Gaza per un'azione congiunta per portare l'attenzione del mondo
sull'assedio e le sue conseguenze sui pescatori che svolgono il loro
lavoro. L'azione si è determinata dopo lunghe negoziazioni tra i
promotori dell'evento, il gruppo "Intifada Youth Coalition" e l'Unione
Generale dei Pescatori. Il motivo del contendere era se si sarebbe rotto
l'assedio oppure no. E' stata una negoziazione dalla quale i pescatori
sono usciti vittoriosi. L'assedio illegale ed inumano sarebbe stato
evidenziato ma non rotto. Il rischio che sarebbero stati attaccati e le
loro barche confiscate era imminente.
Una dopo l'altra, le
barche sono salpate dal porto, si sono aspettate l'un l'altre, poi sono
uscite insieme ad una velocità dai tre ai quattro nodi. In totale,
c'erano sette barche grandi, con una lunghezza massima di 20 metri, ed
undici più piccole, aperte. L'atmosfera a bordo era buona. Le bandiere
ondeggiavano, le persone cantavano, e non appariva nessun segno di
tensione.
Forse era un assaggio di libertà quello che sentivano i
partecipanti, una celebrazione anticipata del poter essere di nuovo in
grado di navigare e pescare nelle proprie acque, senza la paura di
essere attaccati dal potere militare di un'altra nazione, per
riconquistare un'area che supera di gran lunga le terre occupate in
Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.
Quello che ho visto
a bordo erano gioia e attesa. Un singolo F-16 che ha volato sopra di
noi non ha attratto la nostra attenzione, ma un piccolo gruppo di
delfini ci è riuscito. I soli che sembravano preoccupati erano quelli
della troupe televisiva che avevano messo delle borse di plastica sulle
loro attrezzature.
E i pescatori. Coloro che hanno motivi reali
per cui preoccuparsi, quelli che hanno la ragione più grande di
ricordare al mondo i crimini cui si trovano di fronte; i pescatori, che
per loro stessa ammissione sono stati chiamati dai servizi segreti
israeliani, il Mossad, che li metteva in guardia dal partecipare alla
campagna.
Ci siamo fermati dopo due miglia nautiche dalla
costa di Gaza, e l'equipaggio ha girato la barca, preparandosi a tornare
indietro una volta che i giornalisti avessero fatto le loro foto. Ma è
stato allora che l'Intifada Youth Coalition ha cominciato a fare
pressione perchè ci si avvicinasse di più al limite di pesca delle sei
miglia nautiche, imposto unilateralmente da Israele. Anche i giornalisti
volevano foto che non fossero solo bandiere che ondeggiavano o delfini
che saltavano. E questa era anche l'occasione per i pescatori di
mostrare al mondo il rischio che corrono ogni giorno.
Il
viaggio alla successiva fermata, alla linea delle quattro miglia
nautiche, è stato caratterizzato da un'attenzione maggiore. Il limite,
disteso verso l'orizzonte e due imbarcazioni che si poteva presumere
fossero cannoniere israeliane. Non sembravano muoversi, stavano solo ad
aspettare.
E le voci a bordo si sono fatte più accese tra chi da
una parte voleva continuare ad avvicinarsi al limite, forse anche
provare a romperlo, e chi dall'altra rischiava tutto.
Ma a
quattro miglia e mezzo, la ragione ha vinto e siamo tornati indietro
verso il porto. Le troupe televisive non hanno avuto le foto che
speravano e domani punteranno le loro telecamere in un'altra direzione.
Ma che cosa succederà quando i pescatori non avranno più i media a bordo
e quando nessun attivista internazionale sarà presente?
Non
abbiamo dovuto aspettare molto per saperlo. Appena tre ore più tardi è
arrivato il primo attacco ad una barca da pesca, seguito da un altro
dopo meno di un'ora. Che siano venuti come rappresaglia per l'azione di
oggi possiamo solo supporlo, ma sappiamo bene che gli assalti ai
pescatori continuano e continueranno finchè il mondo non farà seriamente
pressioni affinchè Israele cessi i suoi attacchi militari contro la
popolazione civile.
(traduzione di Arca di Gaza - Gaza's ark) (originale su http://palsolidarity.org/2013/12/photos-palestinian-fishermen-and-activists-sail-to-protest-israels-siege-of-gaza/ )
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