Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


lunedì 27 dicembre 2010

Lettera aperta da Gaza: due anni dopo il massacro pretendiamo giustizia



(english below)
Gaza assediata, Palestina
27 dicembre 2010

Noi palestinesi della striscia di Gaza sotto assedio, oggi, a due anni dall'attacco genocida di Israele alle nostre famiglie, alle nostre case, alle nostre fabbriche e scuole, stiamo dicendo basta passività, basta discussione, basta aspettare – è giunto il momento di obbligare Israele a rendere conto dei suoi continui crimini contro di noi. Il 27 dicembre 2008 Israele ha iniziato un bombardamento indiscriminato della striscia di Gaza. L'attacco è durato 22 giorni, uccidendo, secondo le principali organizzazioni per i diritti umani, 1417 palestinesi di cui 352 bambini. Per 528 sconvolgenti ore, le forze di occupazione israeliane hanno scatenato i mezzi provenienti dagli Stati Uniti: F15, F16, Carri armati Merkava, il fosforo bianco proibito in tutto il mondo, hanno bombardato ed invaso la piccola enclave costiera palestinese dove risiedono 1.5 milioni di persone, tra le quali 800.000 sono bambini e oltre l'80% rifugiati registrati alle Nazioni Unite. Circa 5.300 feriti sono rimasti invalidi.

La devastazione ha superato in ferocia tutti i precedenti massacri sofferti a Gaza, come per esempio i 21 bambini ammazzati a Jabalia nel marzo 2008 o i 19 civili uccisi mentre si rifugiavano nella loro casa durante il massacro di Beit Hanoun del 2006. La carneficina ha addirittura superato gli attacchi del novembre1956 nei quali le truppe israeliane hanno indiscriminatamente radunato ed ucciso 274 palestinesi nella città di Khan Younis (sud della striscia) ed altri 111 a Rafah (nord).

Fin dal massacro di Gaza del 2009, cittadini del mondo si sono assunti la responsabilità di fare pressione su Israele perchè rispetti la legge internazionale, attraverso la strategia già collaudata del boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Come è stato fatto nel movimento globale BDS che fu così efficace nel porre un termine al regime di apartheid sudafricano, chiediamo con forza alle persone di coscienza di unirsi al movimento BDS creato da oltre 170 organizzazioni palestinesi nel 2005. Come in Sudafrica lo squilibrio di forze in campo e di rappresentazione in questa lotta può essere controbilanciata da un potente movimento di solidarietà internazionale con il BDS in testa, portando i responsabili dell'atteggiamento israeliano a rendere conto delle proprie azioni, cosa in cui la comunità internazionale ha ripetutamente fallito. Allo stesso modo, sforzi civili e fantasiosi come le navi del Free Gaza che hanno rotto l'assedio cinque volte, la Gaza Freedom March, la Gaza Freedom Flotilla, e i molti convogli via terra non devono smettere di infrangere l'assedio, evidenziando la disumanità di tenere 1,5 milioni di cittadini di Gaza in una prigione a cielo aperto.

Sono passati ora due anni dal più grave degli atti di genocidio israeliani, che dovrebbe aver lasciato la persone senza alcun dubbio sulla brutale vastità dei piani di Israele per i palestinesi. L'assalto assassino verso gli attivisti internazionali a bordo della Gaza Freedom Flotilla nel mar mediterraneo ha reso palese al mondo il poco valore che Israele ha dato alle vite palestinesi finora. Il mondo ora sa, ed adesso dopo 2 anni nulla è cambiato per i palestinesi.

Il rapporto Goldstone è arrivato e passato: nonostante il suo elencare una dopo l'altra le contravvenzioni alle legge internazionale, “crimini di guerra” israeliani e “possibili crimini contro l'umanità”, nonostante l'Unione Europea, le Nazioni Unite, la Croce Rossa, e tutte le più grosse associazioni per i diritti umani abbiano fatto una chiamata per una fine a un'assedio medievale e illegale, esso continua con la stessa violenza. L'11 novembre 2010 il capo dell'UNRWA John Ging ha dichiarato: “non ci sono stati cambiamenti concreti per la popolazione sul terreno per quanto riguarda la loro situazione, la loro dipendenza da aiuti, l'assenza di ogni risarcimento o ricostruzione, nessuna economia...le distensioni, come sono state descritte, non sono state nulla di più che una distensione politica nelle pressioni verso Israele ed Egitto”

Il 2 dicembre 22 organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty, Oxfam, Save the Children, Christian Aid, e Medical Aid for Palestinian hanno prodotto il report “Dashed Hopes, Continuation of the Gaza Blockade (Speranze in polvere, la continuazione del blocco)”, chiamando per un'azione internazionale che forzi Israele ad abbandonare incondizionatamente il blocco, descrivendo come i palestinesi di Gaza sotto l'assedio israeliano continuino a vivere nelle stesse disastrose condizioni. Solo una settimana fa l'Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto dettagliato “Separate end Unequal (separati e diseguali)” che denuncia gli atteggiamenti israeliani come pratiche di apartheid, facendo eco ad affermazioni simili da parte degli attivisti sudafricani anti-apartheid.

Noi palestinesi di Gaza vogliamo vivere in libertà e incontrare amici palestinesi o famiglie da Tulkarem, Gerusalemme o Nazaret, vogliamo avere il diritto di viaggiare e muoverci liberamente. Vogliamo vivere senza la paura di un'altra campagna di bombardamenti che lascia i nostri bambini morti e molti più feriti o con cancro proveniente dall'inquinamento da fosforo bianco israeliano ed armi chimiche. Vogliamo vivere senza essere umiliati ai check point israeliani o la vergogna di non poter provvedere alle nostre famiglie a causa della disoccupazione portata dal controllo economico e dall'assedio illegale. Chiediamo una fine del razzismo che è a fondamento di quest'oppressione.

Domandiamo: quando i Paesi del mondo si comporteranno secondo le fondamentali premesse che gli esseri umani debbano essere trattati in maniera equa, senza differenze di origine, etnia o colore – è così esagerato affermare che i bambini palestinesi abbiano gli stessi diritti di ogni altro essere umano? Sarete capaci un giorno di guardarvi indietro e dire che siete stati dalla parte giusta della storia o avrete supportato l'oppressore?

Noi, inoltre, chiamiamo la comunità internazionale ad assumersi le sue responsabilità e proteggere il popolo palestinese dalle feroci aggressioni di Israele, finire immediatamente l'assedio con un risarcimento completo della distruzione di vite ed infrastrutture di cui siamo stati afflitti da quest'esplicita pratica di punizione collettiva. Assolutamente nulla può giustificare pratiche internazionali feroci come l'accesso limitato all'acqua e all'elettricità a 1,5 milioni di persone. L'omertà internazionale nei confronti della guerra genocida che ha avuto luogo contro più di 1,5 milioni di persone rende palese la complicità in questi crimini.

Facciamo anche un'appello a tutti i gruppi di solidarietà palestinesi ed alle organizzazioni della società civile internazionale per esigere:

  • La fine dell'assedio che è stato imposto alla popolazione palestinese della West Bank e della striscia di Gaza come conseguenza dell'esercizio della loro scelta democratica.
  • La protezione delle vite civili e proprietà, come stipulato dalla legge umaitaria internazionale e dalla legge internazionale riguardo i diritti umani, come la quarta convenzione di Ginevra.-Il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici
  • Che i rifugiati palestinesi nella striscia di Gaza siano immediatamente riforniti di supporto materiale e finanziario per affrontare le immense avversità che stanno vivendo
  • Fine dell'occupazione, apartheid ed altri crimini di guerra
  • Immediati risarcimenti e compensazioni per tutte le distruzioni portate avanti dalle forze di occupazione israeliane nella striscia di Gaza

Boicotta, disinvesti e sanziona, unisciti a molti sindacati in tutto il mondo, università, supermercati, artisti e scrittori che rifiutano di intrattenere l'apartheid di Israele. Parla della Palestina, per Gaza, e soprattutto AGISCI. Il tempo è adesso.

Gaza assediata, Palestina

27 dicembre 2010

List of signatories:
General Union for Public Services Workers
General Union for Health Services Workers
University Teachers' Association
Palestinian Congregation for Lawyers
General Union for Petrochemical and Gas Workers
General Union for Agricultural Workers
Union of Women’s Work Committees
Union of Synergies—Women Unit
The One Democratic State Group
Arab Cultural Forum
Palestinian Students’ Campaign for the Academic Boycott of Israel
Association of Al-Quds Bank for Culture and Info
Palestine Sailing Federation
Palestinian Association for Fishing and Maritime
Palestinian Network of Non-Governmental Organizations
Palestinian Women Committees
Progressive Students’ Union
Medical Relief Society
The General Society for Rehabilitation
General Union of Palestinian Women
Afaq Jadeeda Cultural Centre for Women and Children
Deir Al-Balah Cultural Centre for Women and Children
Maghazi Cultural Centre for Children
Al-Sahel Centre for Women and Youth
Ghassan Kanfani Kindergartens
Rachel Corrie Centre, Rafah
Rafah Olympia City Sister
Al Awda Centre, Rafah
Al Awda Hospital, Jabaliya Camp
Ajyal Association, Gaza
General Union of Palestinian Syndicates
Al Karmel Centre, Nuseirat
Local Initiative, Beit Hanoun
Union of Health Work Committees
Red Crescent Society Gaza Strip
Beit Lahiya Cultural Centre
Al Awda Centre, Rafah

(originale in inglese)


An Open Letter from Gaza: Two Years after the Massacre, a Demand for Justice


Besieged Gaza, Palestine


27. December.2010


We the Palestinians of the Besieged Gaza Strip, on this day, two years on from Israel's genocidal attack on our families, our houses, our roads, our factories and our schools, are saying enough inaction, enough discussion, enough waiting – the time is now to hold Israel to account for its ongoing crimes against us. On the 27th of December 2008, Israel began an indiscriminate bombardment of the Gaza Strip. The assault lasted 22 days, killing 1,417 Palestinians, 352 of them children, according to main-stream Human Rights Organizations. For a staggering 528 hours, Israeli Occupation Forces let loose their US-supplied F15s, F16s, Merkava Tanks, internationally prohibited White Phosphorous, and bombed and invaded the small Palestinian coastal enclave that is home to 1.5 million, of whom 800,000 are children and over 80 percent UN registered refugees. Around 5,300 remain permanently wounded.


This devastation exceeded in savagery all previous massacres suffered in Gaza, such as the 21children killed in Jabalia in March 2008 or the 19 civilians killed sheltering in their house in the Beit Hanoun Massacre of 2006. The carnage even exceeded the attacks in November 1956 in which Israeli troops indiscriminately rounded up and killed 275 Palestinians in the Southern town of Khan Younis and 111 more in Rafah.
Since the Gaza massacre of 2009, world citizens have undertaken the responsibility to pressure Israel to comply with international law, through a proven strategy of boycott, divestment and sanctions. As in the global BDS movement that was so effective in ending the apartheid South African regime, we urge people of conscience to join the BDS call made by over 170 Palestinian organizations in 2005. As in South Africa the imbalance of power and representation in this struggle can be counterbalanced by a powerful international solidarity movement with BDS at the forefront, holding Israeli policy makers to account, something the international governing community has repeatedly failed to do. Similarly, creative civilian efforts such as the Free Gaza boats that broke the siege five times, the Gaza Freedom March, the Gaza Freedom Flotilla, and the many land convoys must never stop their siege-breaking, highlighting the inhumanity of keeping 1.5 million Gazans in an open-air prison.



Two years have now passed since Israel’s gravest of genocidal acts that should have left people in no doubt of the brutal extent of Israel’s plans for the Palestinians. The murderous navy assault on international activists aboard the Gaza Freedom Flotilla in the Mediterranean Sea magnified to the world the cheapness Israel has assigned to Palestinian llife for so long. The world knows now, yet two years on nothing has changed for Palestinians.

The Goldstone Report came and went: despite its listing count after count of international law contraventions, Israeli “war crimes” and “possible crimes against humanity,” the European Union, the United Nations, the Red Cross, and all major Human Rights Organizations have called for an end to the illegal, medieval siege, it carries on unabated. On 11th November 2010 UNRWA head John Ging said, “There's been no material change for the people on the ground here in terms of their status, the aid dependency, the absence of any recovery or reconstruction, no economy…The easing, as it was described, has been nothing more than a political easing of the pressure on Israel and Egypt.”


On the 2nd of December, 22 international organizations including Amnesty, Oxfam, Save the Children, Christian Aid, and Medical Aid for Palestinians produced the report ‘Dashed Hopes, Continuation of the Gaza Blockade’ calling for international action to force Israel to unconditionally lift the blockade, saying the Palestinians of Gaza under Israeli siege continue to live in the same devastating conditions. Only a week ago Human Rights Watch published a comprehensive report "Separate and Unequal" that denounced Israeli policies as Apartheid, echoing similar sentiments by South African anti-apartheid activists.


We Palestinians of Gaza want to live at liberty to meet Palestinian friends or family from Tulkarem, Jerusalem or Nazareth; we want to have the right to travel and move freely. We want to live without fear of another bombing campaign that leaves hundreds of our children dead and many more injured or with cancers from the contamination of Israel’s white phosphorous and chemical warfare. We want to live without the humiliations at Israeli checkpoints or the indignity of not providing for our families because of the unemployment brought about by the economic control and the illegal siege. We are calling for an end to the racism that underpins all this oppression.


We ask: when will the world’s countries act according to the basic premise that people should be treated equally, regardless of their origin, ethnicity or colour – is it so far-fetched that a Palestinian child deserves the same human rights as any other human being? Will you be able to look back and say you stood on the right side of history or will you have sided with the oppressor?


We, therefore, call on the international community to take up its responsibility to protect the Palestinian people from Israel’s heinous aggression, immediately ending the siege with full compensation for the destruction of life and infrastructure visited upon us by this explicit policy of collective punishment. Nothing whatsoever justifies the intentional policies of savagery, including the severing of access to the water and electricity supply to 1.5 million people. The international conspiracy of silence towards the genocidal war taking place against the more than 1.5 million civilians in Gaza indicates complicity in these war crimes.


We also call upon all Palestine solidarity groups and all international civil society organizations to demand:


- An end to the siege that has been imposed on the Palestinian people in the West Bank and Gaza Strip as a result of their exercise of democratic choice.
- The protection of civilian lives and property, as stipulated in International Humanitarian Law and International Human Rights Law such as The Fourth Geneva Convention.
- The immediate release of all political prisoners.
- That Palestinian refugees in the Gaza Strip be immediately provided with financial and material support to cope with the immense hardship that they are experiencing
- An end to occupation, Apartheid and other war crimes.
- Immediate reparations and compensation for all destruction carried out by the Israeli Occupation Forces in the Gaza Strip.


Boycott Divest and Sanction, join the many International Trade Unions, Universities, Supermarkets and artists and writers who refuse to entertain Apartheid Israel. Speak out for Palestine, for Gaza, and crucially ACT. The time is now.


Besieged Gaza, Palestine


27.December.2010

sabato 25 dicembre 2010

Salama Abuashish faceva il pastore

Qualche volta non te lo aspetti, ed arriva così all'improvviso che per un momento ti manca il fiato.

Hanno sparato a 39 persone nelle ultime 5 settimane in quella che israele chiama la “buffer zone”, la striscia di terra vicino al confine dove si recano pastori, contadini, e raccoglitori di pietre che poi vengono frantumate per farne materiale da costruzione. Tutti con le ossa delle gambe maciullate: è strano vedere le lastre, le fratture causate da proiettili non sono lineari ma rompono le ossa in tanti piccoli pezzettini difficili da ricomporre. Di solito i feriti hanno dei ferri che fuoriescono dalla gamba per fissare le ossa e fare in modo che si aggiustino nella giusta posizione.
 Ieri siamo arrivat* all'ospedale di Kamelodwan a Beit Honnoun a nord di Gaza ed abbiamo chiesto del ferito di cui avevamo letto in maan. Pensavamo fosse un ennesimo raccoglitore di pietre. Raccolgono pietre perchè è l'unica possibilità che hanno per portare a casa il pane. All'ingresso ci hanno detto: “l'abbiamo operato, poi l'abbiamo trasferito in terapia intensiva, ma non ce l'ha fatta ed è morto pochi minuti fa”. Aveva 20 anni.

Qualche volta non te lo aspetti, ed arriva così all'improvviso che per un momento ti manca il fiato.

Il primario ha raccontato che il proiettile è entrato dalla schiena, ha attraversato il rene ed è fuoriuscito dalla pancia. Lo zio ci ha spiegato che Salama Abuhashish era un pastore e che tutti i giorni si recava nella stessa area per portare al pascolo le pecore: i soldati che hanno sparato lo vedevano tutti i giorni, sapevano che non era altro che un pastore. Racconta: “Mio nipote si è sposato da un anno. Questa notte la moglie ha partorito il suo primo figlio, e Salama non aveva ancora firmato per il nome prima di recarsi a far pascolare le pecore questa mattina. Io ho saputo nello stesso momento che mio nipote era in fin di vita e che suo figlio era nato.”

Qualche volta non te lo aspetti, ed arriva così all'improvviso che per un momento ti manca il fiato.

Il villaggio di beduini è fatto di tende e poche povere case... Tanti bambini scalzi nella polvere, i più fortunati hanno dei sandali ai piedi.
Nella stanza dove le donne aspettano la salma del morto trovo la moglie di Salama, diventata madre l'altra notte, ancora distesa con una coperta che le copre le gambe e la pancia, vestita con una tuta sportiva ed un velo a quadri marroni e neri. Ha diciannove anni. Non piange, ha grandi e lucidi occhi marroni ed un volto stanco. Quel che si dice di una donna che ormai ha pianto tutte le sue lacrime. Continua ad osservare la figlia di 2 giorni che dorme avvolta nelle coperte. Le altre donne presenti mi chiedono di fotografare la bambina, la mettono in disparte lontano dalla madre perché non è bene fare foto alle donne, e io la fotografo.
Un'altra donna con un velo ed un vestito neri piange: “dimmi se non è haram* ammazzare un ragazzo di 20 anni quando suo figlio è appena nato. Dimmi se non è haram! Gli israeliani sono degli assassini. Tutte le donne in questa stanza dipendevano dal suo lavoro (erano presenti 10 donne) e adesso è morto. Dimmi se non è haram, guarda la madre. Ha diciannove anni, ha partorito l'altra notte. Si è sposato solo un anno fa..solo un anno! Guarda quell'immagine al muro, è quella del suo matrimonio. Guarda la bambina. Cosa faremo adesso?”

Qualche volta non te lo aspetti, ed arriva così all'improvviso che per un momento ti manca il fiato.

Perché? Io chiedo perché un soldato israeliano uccide persone che sa essere semplicemente lavoratori. Con che coscienza “esegue gli ordini”. Vorrei sapere a cosa pensa, cosa fa quando la sera torna a casa, cosa racconta ai suoi figli.
Cosa racconterà la moglie di Salama a suo figlio.
E cosa suo figlio penserà quando sarà grande abbastanza.


*haram è una parala araba che significa “proibito”, ma si usa anche per “orribile” e “ingiusto”

venerdì 24 dicembre 2010

COMUNICATO
Fermiamo la guerra di Israele contro i lavoratori  palestinesi

Nel periodo che va dal 25 di Novembre al 12 Dicembre 22 lavoratori palestinesi sono stati colpiti dai proiettili israeliani e gravemente feriti nella “buffer zone”, una grave escalation di attacchi ai civili palestinesi di Gaza.

La buffer zone è una striscia di terra larga da tre a cinquecento metri che corre lungo il confine israeliano all'interno del territorio di Gaza, dichiarata “no-go zone” dall'esercito israeliano. Secondo le Nazioni  Unite in realtà la buffer zone coinvolge terra fino a 1000-1500 metri dal confine, e la superficie totale ricopre il 35% delle aree coltivabili di tutta la Striscia di Gaza.
Questa terra non è importante solo per i contadini, ma è anche vitale per i cosiddetti “raccoglitori di macerie”. La maggior parte di essi recupera e ricicla materiale edile per la costruzione dalle macerie vicino al confine con Israele, attività molto importante nella Striscia dal momento che Israele da 4 anni impedisce l’entrata di cemento e ferro.
E’ l'unico modo che queste persone hanno per guadagnare il pane per loro e  per le loro famiglie, dal momento che a Gaza non c'è lavoro e la disoccupazione supera il 45% degli abitanti.
I soldati israeliani sparano a questi lavoratori quasi ogni giorno, spesso con proiettili dum-dum, proibiti dalla leggi internazionali, che esplodono all'impatto e procurano spesso invalidità permanenti.

Un totale di 22 raccoglitori di pietre e macerie hanno riportato ferite da arma da fuoco alle gambe nelle ultime 3 settimane, e un totale di 97 casi da marzo 2010. Siamo di fronte ad un aumento dei crimini contro civili nella buffer zone di Gaza, chiara violazione dei dritti umani. Molti di questi feriti rimangono impossibilitati a camminare per lunghi periodi e sono gli unici a farsi carico del sostentamento di famiglie molto numerose.
Anche I bambini vengono colpiti: 4 nelle ultime 3 settimane. Mokles, 15, è stato colpito il 28 novembre. Guadagna 50 shekel (10 euro) al giorno raccogliendo macerie e, assieme a suo fratello maggiore, sono gli unici a guadagnare qualche cosa in una famiglia di 17 persone. Ismael Sa’aed Qapeen, 31 anni, ha perso 3 dita del piede quando per la terza volta I soldati israeliani gli hanno sparato vicino al confine il 30 novembre. Anche 4 suoi fratelli sono stati feriti durante incursioni israeliane, il più recente è il 9 Dicembre.
Qui potrete trovare rapporti dettagliati e fotografie:

http://palsolidarity.org/2010/12/15986/
http://palsolidarity.org/2010/11/15946/
http://palsolidarity.org/2010/11/15946/
http://palsolidarity.org/2010/12/16022/
http://palsolidarity.org/2010/11/15912/

ISM Gaza lancia un appello per una fine immediata degli attacchi israeliani contro i civili di Gaza, e chiede alla comunità internazionale di fare pressione su Israele affinchè ponga fine a questa mattanza e liberi dall’assedio la Striscia coi suoi un milione e mezzo di abitanti.

martedì 21 dicembre 2010

Tutti a scuola!

Altro pezzo sempre per Wake Up News

“[...] occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà [...]”

-Dal preambolo del Testo della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia dell’ONU-

Studentesse durante l'intervallo in una scuola di Beit Hannoun

Fori causati da una bomba caduta nei paraggi al muro di una scuola a Zaitun

Danno provocato da un proiettile nella scuola di Khan Younis

In questi giorni si parla molto di scuola -giustamente!-. Essa è, oltre che il luogo dell’apprendimento, palestra di vita. Rappresenta, in qualche modo, la prima esperienza importante all’esterno della famiglia. Anche nella striscia di Gaza.
Alle 3.30 della notte tra l’8 e il 9 dicembre una bomba è caduta in un’area vicina ad una scuola nel quartiere di Zaitun, vicino Gaza.
I vetri delle finestre della facciata che dava sul luogo dell’esplosione sono andati in frantumi a causa dello spostamento d’aria, ed il custode, che a quell’ora stava dormendo e per fortuna non ha riportato ferite, è rimasto intrappolato per qualche ora nella sua stanza, perchè, sempre a causa dello spostamento d’aria, la porta è stata danneggiata. Spiega: «Il laboratorio di informatica e la libreria sono state completamente distrutte, il danno totale stimato è di cento mila dollari. Alcuni esperti sono venuti ad analizzare i danni e sostengono che si tratti di un nuovo tipo di bomba che non lascia crateri, ma procura il massimo del danno sulla superficie».
I bambini fanno 2 turni nelle scuole delle striscia, uno al mattino ed uno nel primo pomeriggio, perché non ci sono abbastanza edifici per farli stare tutti nella prima parte della giornata. Entrambi i turni dei bambini che frequentavano questa scuola a Zaitun faranno “vacanza” per una settimana, ma appare difficile che in questo tempo sia possibile rimediare completamente ai danni, e, senza le finestre, quando soffia il vento fa freddo anche qui.
La preside di una scuola più a nord, nell’area di Beit Hannoun, racconta che quando i soldati israeliani iniziano a sparare, le bambine e le ragazze urlano terrorizzate. Qui siamo vicino alla no-go zone imposta dagli israeliani, a qualche centinaio di metri dal confine, è possibile vedere la rete elettrificata del confine dal tetto. La preside spiega che spesso, durante le lezioni, dal confine i soldati israeliani sparano, talvolta hanno un obiettivo specifico ma quando non ce l’hanno e sparano a caso nell’area vengono colpiti anche i muri della scuola, creando il panico. Quando ci sono queste azioni, gli alunni restano a scuola e non tornano a casa fino a che la situazione non si calma, per non rischiare di venire feriti. Le incursioni con i mezzi blindati nell’area di fronte alla scuola invece accadono circa una volta al mese, l’ultima è stata giovedì 9, ed anche questa ha creato paura e subbuglio nella scuola. «Se dovessi usare un’espressione per descrivere la nostra situazione qui direi: “teniamo la nostra anima nelle nostre mani”, perchè in qualsiasi momento chiunque può essere ferito. Un bambino è stato ferito vicino a questa scuola, ed una volta è capitato che entrando in una classe trovassi gli studenti stesi per terra e la maestra che li copriva con il suo stesso corpo perché avevano paura dei proiettili che entravano dalle finestre».
Insegnanti e studenti raccontano che due anni fa, poco prima dell’offensiva militare piombo fuso, i soldati israeliani si fossero posizionati con i carri armati all’esterno della scuola, siano entrati, abbiano portato tutti gli studenti da una parte e i docenti dall’altra, tenendoli rinchiusi per diverso tempo prima di lasciarli liberi. L’area tra il confine e la scuola è priva di ostacoli visivi, quindi i militari vedono perfettamente che stanno sparando ad una scuola.
Una bambina in terza elementare di fronte alla telecamera ha detto: «Abbiamo paura, facciamo gli incubi di notte. Noi siamo bambini, ed è proibito farci questo».
Vicino a Khan Younis, a sud della striscia, c’è un’altra scuola dove la situazione non è molto diversa.
Di mattina è una scuola statale femminile, mentre di pomeriggio è una scuola maschile dell’UNRWA. La preside della scuola del mattino racconta 2 episodi risalenti all’inizio del 2009 che ben descrivono la violenza dei soldati israeliani nei confronti di queste ragazze. Si tratta di 2 studentesse: una stava tornando a casa camminando nella strada di fronte alla scuola e quell’altra stava ascoltando una lezione. La prima è stata colpita al ginocchio da un proiettile, e ancora oggi non può fare lunghe passeggiate, e non riesce a piegare bene il ginocchio; mentre l’altra è stata colpita al naso da una scheggia causata dal foro di un proiettile sul muro della sua classe. La preside racconta come in entrambi i casi l’ambulanza abbia avuto delle difficoltà a raggiungere il luogo dell’incidente, perché per arrivare nell’area è necessario coordinarsi con le autorità militari israeliane, e spesso l’autorizzazione tarda ad arrivare.
I muri di questa scuola sono crivellati di fori, per lo più coperti dallo stucco, ma è difficile immaginare come possa essere seguire una lezione con il costante terrore che inizino gli spari. La preside: «Abbiamo la bandiera dell’ONU esposta sul tetto: perchè diavolo dei soldati devono sparare ad una scuola?»
Si dice che le esperienze che facciamo durante l’infanzia ed in gioventù siano determinanti nella formazione della personalità e che le scuole siano il primo luogo di socializzazione esterno alla famiglia, rappresentano infatti per i/le bambini/e la prima esperienza fuori dal nucleo familiare.
Ma quale personalità sono costrette a formare in questi territori? E quale mondo esterno alla famiglia viene proposto a questi/e fanciulli/e? E quale è la reazione della comunità internazionale?

domenica 12 dicembre 2010

360 meno 61

Il mi pezzo per wake up news.


Gaza - La striscia di Gaza copre un’area di trecentosessanta chilometri quadrati: di questi sessantuno delimitano una zona definita “ad alto rischio” da un un rapporto OCHA (between the fence and a hard place – agosto 2010), dove il “rischio” di cui si parla è, per i palestinesi, quello di essere attraversati da un proiettile israeliano.
L’area che segue il confine della striscia di Gaza, per una fascia di 300 metri di larghezza, è stata dichiarata unilateralmente “buffer zone” da Israele, ed Israele stesso impedisce attivamente ai palestinesi di entrarvi. In realtà, però, l’area ad alto rischio riconosciuta dal rapporto di cui si parla sopra arriva a 1000 – 1500 metri dal confine, ed in tutta quest’area vi sono azioni militari, incursioni e spari da parte di Israele. Essa comprende appunto il 17% del territorio della striscia e, soprattutto, il 35% delle terre coltivabili.
Sono numerosissimi i contadini costretti ad abbandonare i loro terreni. Racconta Jaber: “Quando si inizia a coltivare non arrivano subito, aspettano che sia ora del raccolto o, se sono stati piantati alberi, aspettano che siano abbastanza grandi per dare frutto. Allora gli israeliani arrivano con i carri armati e, in pochi minuti, distruggono il lavoro di mesi o anni giusto un momento prima che dia frutto”. Per questa ragione l’agricoltura nella buffer zone sta lentamente scemando, perché nessuno più permettersi di investire un un terreno che poi non da nessun frutto per troppi anni di seguito.
Alcuni contadini, nonostante questo, vi si recano ancora. L’ultimo che abbiamo visitato in ospedale si chiama Ahmad Sa’aed Qapeen, ha 21 anni, e la mattina del 9 dicembre stava raccogliendo patate con suo fratello Sultan a circa 1500 metri dal confine, all’interno del territorio di Gaza. Secondo la sua testimonianza un corpo speciale delle forze armate israeliane è entrato all’interno del territorio palestinese nei pressi di dove si trovava. Lui è scappato ma mentre correva gli hanno sparato all’altezza del ginocchio: il proiettile ha frantumato alcune ossa della gamba prima di uscire e colpire la gamba di suo fratello Sultan, fortunatamente senza procurare danni alle ossa in questo secondo caso. “Penso fossero nascosti in qualche posto nella zona. Quando li ho visti sono scappato terrorizzato”.


La gamba di Ahmad Sa’aed Qapeen scattata il pomeriggio del 9 dicembre
In questa foto si vede la gamba di Ahmad dopo l’operazione che ha fissato le ossa con l’ausilio di alcune barre di ferro. La storia di Ahmad Sa’aed Qapeen, poi, è emblematica anche per un’ altra ragione: tre dei suoi fratelli sono già stati bersagli degli israeliani. Mahmud è stato ferito nel 2004 durante un’incursione israeliana, aveva 18 anni; mentre Sultan era già stato ferito alla testa in maniera non grave durante l’offensiva militare Piombo Fuso.
A Ismael Sa’aed Qapeen, ferito il 30 novembre, sono state amputate 3 dita del piede sinistro; non era la prima volta che riceveva il fuoco israeliano e sono tante le cicatrici che lo dimostrano. Quel giorno Ismael si era recato vicino al confine per raccogliere pietre e macerie da rivendere frantumate come materiale edile, il cui ingresso è proibito dall’assedio. Sono numerosissimi i padri di famiglia, ma anche i ragazzi minorenni, che si recano al confine per raccogliere macerie: sebbene tutti siano coscienti del pericolo, in molti casi la mancanza di lavoro dovuta all’assedio non lascia alternative.
“Ero a circa 200 metri dal confine quando mi hanno sparato senza colpi di avvertimento. All’inizio non ho sentito nulla, ma dopo pochi secondi ho cominciato a sentire qualche cosa al piede, allora mi sono reso conto che mi avevano sparato. Ho perso conoscenza”. I suoi amici lo hanno soccorso, messo su un carretto e condotto fino ad un luogo raggiungibile dall’ambulanza, che poi lo ha trasportato fino in ospedale. Decine di lavoratori nell’ultimo mese sono stati colpiti dal fuoco israeliano: la famiglia Sa’aed Qapeen è solo un esempio.
 


Quindi, trecentosessanta chilometri quadrati sotto l’autorità di Gaza meno sessantuno “quasi” sotto l’autorità di Gaza. Sessantuno chilometri quadrati dove il diritto cessa di esistere. Perché appare chiaro che lo scopo di Israele sia quello di rendere deliberatamente difficoltosa la vita di civili, anche se questo va contro la legislazione internazionale, che dichiara crimine di guerra colpire civili, contro le risoluzioni internazionali, che definiscono la green line come confine.

venerdì 3 dicembre 2010

Ancora spari sui civili

 Questo è il video della manifestazione di mercoledì.




I 2 giorni prima dell manifestazione sono stati feriti 6 lavoratori costretti a recarsi al confine per guadagnarsi da viviere, il giorno dopo altri 3, nei giorni successivi altri 2, l'ultimo risale ad oggi.

Israele continua a sparare a civili disramati, anche se le convenzioni internazionali lo vietano.

Ed è normale, e non c'è nessuna reazione.


--------------------------------------

Ahmed fa il pescatore, Khalid e Mokles raccolgono pietre vicino al confine con Israele, e Mohammed fa il contadino. Sono tutti e 4 civili e vivono a Gaza.
Li abbiamo trovati in una stanza d'ospedale, con ferite di armi da fuoco.

Erano le 12.30 del 27 novembre.
Ahmed Mahmoud Jarboh ha 26 anni e fa il pescatore a Gaza. È da più di un anno che pesca nella stessa zona, quella vicino al confine nord della striscia, con una rete che viene tirata a riva da lui e 2 suoi compagni. È stato proprio mentre tirava a riva la rete che i soldati israeliani dalla torretta di controllo posta al confine gli hanno sparato alla gamba, inizialmente i suoi amici sono scappati e poi sono tornati indietro a prenderlo per portarlo all'ospedale, dove è rimasto diverse ore sotto osservazione.
La pesca è un'importante fonte di cibo per Gaza sotto assedio. Per chi esce in mare a pescare non è possibile allontanarsi dalla riva più di 3 miglia marine, anche se il limite ufficiale stabilito dall'ONU è di 20 miglia. Se i pescatori si allontanano da riva più di 3 miglia marine vengono sequestrati dalle navi da guerra israeliane e portati nelle carceri sioniste, oppure viene aperto il fuoco contro di loro. Di conseguenza l'area di mare immediatamente vicina alla costa contiene pochissimo pesce, e i pescatori sono costretti ad avvicinarsi al confine nord o sud per raggiungere un pezzo di mare dove sia possibile pescare in maniera redditizia.
Ahmed racconta: “Per più di un anno sono venuto qui tutti i giorni a pescare. I soldati dalla torre di controllo mi vedono sempre. Sanno che non sono altro che un pescatore! Non ci sono stati colpi di avvertimento, mi hanno sparato direttamente alla gamba. Ho 2 figli e sono l'unico in famiglia a lavorare: non abbiamo nient'altro a parte quello che guadagno dalla pesca.”

Lo stesso giorno, tra le 2 e le 3 di pomeriggio, le forze armate israeliane hanno sparato a Khalid Ashraf Abosita. Alle 6 di pomeriggio le sue condizioni apparivano ancora critiche: sebbene il proiettile avesse attraversato la gamba e ne fosse uscito, Khalid presentava una frattura scomposta della tibia ed un'emorragia interna ancora in corso. Tremava fortemente e non era in grado di comunicare, infatti è stato il fratello maggiore a raccontarci l'accaduto.
La buffer zone è una fascia larga 300 metri che costeggia il confine dalla parte palestinese della green line, è stata imposta da Israele e i palestinesi non vi possono accedere. Una porzione di terreno molto più vasta, larga da un chilometro ad un chilometro e mezzo sempre dalla parte palestinese della green line è definita ad alto rischio da un rapporto OCHA: in quest'area non sono infrequenti i proiettili israeliani che colpiscono palestinesi.
Khalid stava raccogliendo pietre e resti di materiale edile da macerie di case distrutte a 500 metri dal confine. L'assedio imposto da Israele con la complicità dell'Egitto impedisce al materiale edile di entrare a Gaza legalmente, ed esso è necessario per costruire o ri-costruire case ed edifici. Inoltre la disoccupazione è alle stelle, e questo spinge molte persone a raccogliere macerie vicino al confine anche se questo lavoro comporta rischi altissimi.
Racconta il fratello: “Khalid si è sposato 8 mesi fa, e sta cercando di fare famiglia. Questo era il suo unico ingresso ed ha lavorato in quest'area negli ultimi 7 mesi. Sono sicuro che i soldati lo riconoscessero, e gli hanno sparato senza colpi di avvertimento.”

Anche Mokles Jawad Al Masri stava facendo lo stesso lavoro quando gli hanno sparato. Ha solo 15 anni, va ancora a scuola ed è l'unico a lavorare nella sua famiglia, dove sono in 17. L'hanno colpito al polpaccio mentre si trovava a 500 metri dal confine, e secondo i dottori guarirà in 2 mesi. È successo alle 7 di mattina del 28 Novembre, nella zona di Beit Lahya, a nord di Gaza.
“A causa dell'assedio non ci sono molte altre possibilità per la mia famiglia per sopravvivere. A casa siamo 17 e io guadagno da vivere raccogliendo e vendendo sabbia. È pericoloso e guadagno solo 50 shekel (circa 10 euro) al giorno, ma è la sola cosa che posso fare per aiutare. Ho un fratello maggiore, che è all'ultimo anno della scuola superiore. Anch'io vado a scuola ma sono solo al nono anno: è ancora facile così ho più tempo libero di mio fratello. Lui deve concentrarsi a scuola per avere un buon voto finale, così non può trovare un buon lavoro.”

Mohamad Khalil Zanin, invece, fa il contadino e la sua famiglia ha un campo di ulivi. Mohammed ha 21 anni, suo padre ha avuto un attacco cardiaco ed ha metà del corpo paralizzato, e lui è rimasto l'unico a recarsi al campo di ulivi: deve mantenere 3 fratelli oltre ai suoi genitori. Gli hanno sparato mentre tornava a casa alle 10.30 del mattino del 28 Novembre. In ospedale, per guarire la brutta frattura, è stato necessario applicare 6 chiodi ed una protesi di ferro, che verranno tolti in alcuni mesi.
Secondo il rapporto dell'OCHA sopracitato circa il 35% delle terre coltivabili nella Striscia sono “ad alto rischio”: questo, in una situazione di assedio come quella di Gaza, significa incidere in maniera significativa sull'autosufficienza alimentare. L'attaccamento alla terra, sia come fonte di cibo che come rappresentazione delle radici culturali e familiari è fortissimo nella cultura Palestinese. L'ulivo in particolare ha un valore simbolico molto forte, perchè è una pianta resistente, ci mette diversi anni prima di dare frutto e sopravvive millenni.
“Credo di essermi trovato a 150 metri dal confine. È vicino, ma è la nostra terra. Abbiamo 100 ulivi di cui prenderci cura e questa settimana mi sono recato nel campo tutti i giorni: sicuramente i soldati mi hanno riconosciuto con le loro telecamere, non capisco perchè mi abbiano sparato. Ora non so cosa succederà, nessuno può andare alla terra a parte me, e non voglio nemmeno che i miei familiari rischino la loro vita.”

Secondo l'agenzia di stampa Ma'an oltre ai casi documentati il 27 novembre è rimasto ferito anche un ragazzo di dodici anni e il 28 novembre uno di vent'anni, entrambi mentre raccoglievano resti di materiale edile e pietre al confine.

Ferire o uccidere civili è definito dalle convenzioni internazionali crimine di guerra.
Ed è estremamente cinico non lasciare altra possibilità a dei lavoratori oltre a quella di andare vicino al confine per cercare di guadagnarsi il pane e poi sparargli contro.

Boicotta israele perchè spara ai civili.

domenica 28 novembre 2010

Impressioni e idee.

Dopo quasi 2 mesi qui la sensazione di essere sotto assedio comincia ad essere forte. Sono abituata a muovermi, ad andare in giro, a fare una passeggiata in mezzo al verde qualche volta. Qui no, non si può. Fa impressione come la maggior parte delle persone con cui parlo non sia uscita di qui negli ultimi 25 anni, che spesso corrispondono a tutta la vita: quando incontro qualcun* che non conosco una delle prime domande che mi vengono poste è: “in quali altri paesi sei stata?” e a quel punto io non so bene se elencare i posti in cui sono stata o se mentire, per non scatenare troppa invidia con i miei viaggi.
E poi bombardano. Sono palle quelle che raccontano i media quando dicono che israele bombarda solo i siti militari o che spara solo ai membri della resistenza palestinese. Spara anche ai civili e bombarda anche case di civili, e questi sono crimini di guerra. Non è appunto necessario che vi elenchi i casi qui, giusto ieri siamo state ad intervistare un raccoglitore di resti di materiale edile a confine a cui i soldati israeliani hanno rotto un osso sparandogli da una torretta, aveva una brutta emorralgia, ed un pescatore a cui avevano sparato sempre alla gamba mentre tirava a riva le reti. Oggi un contadino a cui il proiettile ha frantumato l'osso al punto di necessitare di ferri inchiodati alla gamba per guarire, ed un raccoglietore di pietre di 15 anni, anche lui con una frattura causata da un proiettile israeliano.
Qualcuno è arrivato a dire che questa non è simile a una prigione, ma un campo di concentramento, perchè in una prigione ti danno 3 pasti al giorno, bene o male a volte arriva corrispondenza da fuori, e di quando in quando è possibile ricevere visite da chi sta fuori. Qui cavi elettrici, computer, carta, e tanto altro materiale arriva solo attraverso i tunnel. E poi, in una prigione non bambardano ammazzando 1400 persone in meno di un mese come è successo durante l'offensiva Piombo Fuso.
Però a Gaza c'è il mare, e perfortuna che c'è il mare. Il mare è il lato bello di Gaza. Anche se i pescatori non si possono allontanare, è bello guardare il mare la sera. Perchè è dal mare che proverà ad arrivare la prossima flotilla, da al di la del mare è arrivato il convoglio, perchè a guardarlo, questo mare, sembra di essere già di la, di sentirli vicini, questi compagni, questi fratelli da cui arriva la solidarietà, questa gente che lotta per la fine dell'occupazione, per fermare in qualche modo quello stato assassino che è israele. Qualche volta guardando l'orizzonte mi dimentico che tra me ed esso c'è una nave da guerra israeliana, e che anche per coloro che stanno al di la dell'orizzonte è difficile passare.
Non oso immaginare cosa potrebbe essere Gaza senza il mare.

Continuo ad avere fiducia in chi sta al di la del mare, negli attivisti, nelle persone solidali, in chi si da da fare, perchè so che da loro dipende il futuro di questa gente.
Ho smesso di pensare che la causa dell'assedio, dell'occupazione, delle ingiustizie quotidianamente perpetrate a danno dei palestinesi sia israele. Israele è come un bambino, come un pazzo, un demente, non è in grado di intendere e volere. Esso non è qui per sua volontà. Dire che israele è la causa del disastro palestinese è come dire che Hitler è stato la causa del nazismo. Non è vero, è falso, Hitler era un pazzo, aveva problemi psichiatrici...Hitler faceva gli interessi della borghesia, Hitler stava al suo posto perchè c'erano migliaia di funzionari disposti ad obbedirgli e perchè faceva comodo ad un pugno di ricche e potenti persone. Hitler, non fosse stato supportato da nessuno, sarebbe finito in un manicomio con qualche pastiglia di calmanti. Israele, non fosse supportato dall'occidente tutto, non avrebbe ne' le armi ne' la possibilità economica di portare avanti quest'occupazione. Avrebbe un embargo a questo punto della storia, ma da un pezzo. E sarebbe additato come criminale di guerra quale è. E invece no, è ancora lì, nessuno lo ferma..ma non è Israele il problema, il problema è che la nostra società è malata! Il problema sono gli interessi che i nostri stati hanno nell'area, il problema è il supporto che l'occidente continua a mostrare all'entità sionista tramite tutti i legami culturali ed economici che ha intrecciato con esso. I governi non interromperanno questi legami, e sono proprio questi legami che continuano a legittimare Israele. Questi sono i legami da interrompere, e poiché i governi non lo faranno, tocca a noi. Boicottiamo israele.

Bella, a tal proposito, la lettera firmata da 100  norvegesi famosi a favore del boicottaggio accademico e culturale non solo per aiutare i palestinesi ma anche per "supportare gli israeliani che si oppongono all'occupazione"; e l'iniziativa, dopo le numerosissime lettere che invitavano la cape town opera a non suonare in israele, degli attivisti israelianiche in pratica le dicevano "che ci stai a fare qui? Questo è uno stato di apartheid, non ci dovevi venire!". (video)
Bello il convoglio Viva Palestina del mese scorso, bello ilRoad To Hope che è arrivato 2 giorni fa, bella la prossima flotilla che sembra arriverà verso marzo, belli i collegamneti con e varie università portati avanti anche dagli studenti di Gaza.

Non è più il punto principale quello di dire la verità su caso stia succedendo, la verità già è stata detta, ripetuta, e come tanti altri continuerò a diffonderla con i mezzi che ho (principalmente il blog), e comunque se c'è la volontà ci sono mille modi di scoprirla. La verità la sai. Ti serve l'elenco di ogni singolo caso di civili con le ossa spezzate per credere che israele perpetri crimini di guerra? L'elenco lo trovi tra i report dell'ISM, in ma'an, nel blog. Ti servono altre testimonianze, foto e filmati? Ci sono.
Come dice Ascanio Celestini: “io odio i giornalisti che nascondono la verità: la verità me la devi dire subito, così il giorno dopo io me la sono già scordata.”

Le parole, anche se veritiere, sono sterili se non sono seguite da un'azione.

Boicotta Israele. (con i mezzi e le modalità che ti stanno meglio addosso)

venerdì 26 novembre 2010

Road To Hope e Check Point Volanti

È entrato ieri sera a Gaza il convoglio Roat to Hope: 35 attivisti con 30 mezzi. L'Egitto non aveva piacere che questi filo-palestinesi attarversassero una porzione troppo grande del suo territorio e quindi sono rimasti bloccati per settimane al confine tra Libia ed Egitto. Dieci di loro sono stati rapiti e portati in Grecia dalla nave che avrebbe dovuto portare i mezzi e i passeggeri dalla Libia ad Arish, con partenze rocambolesche dal porto libico e perdita di un mezzo. Dopo questo e 5000 chilometri via terra il convoglio Road To Hope è entrato a Gaza.

Contemporaneamente sembra ci sia una nuova moda nelle università europee: quella di costruire check point. Amici mi avevano raccontato di averne visto uno in Danimarca. Nell'università di Parigi 13 e alla Columbia Unversity il check point coinvolgeva  gli studenti che si recavano a lezione, venivano fermati e venivano loro chiesti i documenti, venivano messi in fila, legati, bendati, zittiti con un pezzo di scotch sulla bocca, e alcuni forse sono arrivati a lezione in ritardo. I passanti osservavano, e talvolta capivano. Anche se le armi che venivano puntate addosso a chi doveva passare attraverso il "check point" erano solo di cartone, anche se le barriere non erano di cemento ma fatte da pannelli removibili, anche se ad imbastire il check point non erano soldati israeliani ma attivisti che volevano far provare ad altri studenti cosa fosse un check point.
Fa sempre effetto un check point all'entrata dell'università, e, per un giorno, può ricordare come ci siano persone che a causa di un regime filo-occidentale devono passare attraverso i check point tutti i giorni per andare a scuola, per andare a trovare amici e parenti, per andare a fare compere.

A proposito di università: questo blog parla di Palestina e Gaza, perchè penso che non sia possibile affrontare troppi argomenti insieme e sperare di approfondirli tutti, però questo non toglie che a frammentare le lotte non si arrivi da nessuna parte... PIENA SOLIDARIETÀ AGLI STUDENTI IN LOTTA IN TUTTA ITALIA!

Boicotta Israele.

martedì 23 novembre 2010

Franco Frattini in "israele".




Il ministro Frattini in questi giorni si trova in quello che lui chiama stato di israele. Verrà a visitare anche Gaza. Lo stesso ministro Frattini che non ha partecipato alla conferenza di Dubran sul razzismo perchè nella bozza era citato, tra le forme di razzismo, il sionismo; mentre invece definisce “pericolosa, ideologica e razzista” la scelta di conad e coop di eliminare temporaneamente la verdura agrexco proveniente da israele dai loro scaffali. Ma lo sa il ministro che si scandalizza così tanto di che cosa sta parlando quando parla di sionismo?
Sionismo sono i bombardamenti a Zaitun, portati avanti ai danni della famiglia Samouni, lasciando decine di orfani. Sionismo è il fosforo bianco usato da israele durante piombo fuso, e di cui i gazawi ancora mostrano i resti. Sionismo sono le violazioni dei diritti umani che compie israele tutti i giorni. Sionismo sono le bombe che cadono sopra la nostra testa, sionismo è l'assedio. Sionismo sono i proiettili che dal confine raggiungono contadini, disabili mentali, e disperati che raccolgono macerie per costruire le case distrutte, e che rendono difficoltoso compiere operazioni elementari come raccogliere olive dai propri campi. Sionismo è ammazzare Rachel corrie a 23 anni e far si che i colpevoli rimangano impuniti e i loro volti segreti. Sionismo è rendere Hebron una città deserta, ed obbligare i palestinesi a chiudere i loro negozi. Sionisti sono gli squadristi che attaccano i ragazzi che portano avanti il presidio per i prigionieri palestinesi a Roma. Sionista è, di nuovo, l'attacco alla Mavi Marmara in acque internazionali.
E l'elenco continua, continua.
Sionismo è un'ideologia basata sull'idea di cacciare tutti i palestinesi dalle loro terre e rendere israele un territorio etnicamente puro, o, in alternativa, permettere ad una piccola minoranza di restare senza conferirle gli stessi diritti che hanno gli ebrei. Questo non solo è razzismo, questo è pulizia etnica (come la definiva lo storico israeliano Ilan Pappe), questo è genocidio, è uno scandalo internazionale che sta bene coprire per interessi coloniali ed imperialisti occidentali.

Franco Frattini, che si è permesso di votare no all'ONU alla commissione internazionale di inchiesta sui fatti della freedom flotilla. Franco Frattini, che si dimostra “Particolarmente grato al governo di israele” tre giorni dopo l'attacco in acque internazionali della nave di attivisti disarmati. Franco Frattini, che ha partecipato alla maratona “la verità per israele”, dove l'entità sionista veniva definita come “assediata dai paesi arabi”. Franco Frattini, il ministro degli esteri del migliore alleato di israele in Europa.
Questo Franco Frattini in questi giorni dovrebbe arrivare a Gaza.
Sicuramente, se andasse a trovarli, i bambini Samouni a Zaitun gli stringerebbero la mano e gli chiederebbero come si chiama. Lo fanno con tutti, non sanno chi hanno di fronte, sono bambini. Forse qualche contadino contadino lo inviterebbe a casa sua, se riuscisse a tenergli nascosto che è anche a causa sua che l'occupazione continua. Però no, perfavore, risparmiatemi questa farsa. Sarebbe una messinscena pietosa guidata dalla necessità di mostrare un'ipocrita imparzialità. Finora non ha dimostrato nessun interesse per la verità su cosa stia succedendo qui, si è sempre esposto pubblicamente con sentenze sioniste che palesavano i suoi interessi coloniali, non vedo come in una camminata in territori che lui considera ostili possa fargli cambiare idea.

Meglio se ne stia a casa il ministro Frattini, perchè diventa davvero ipocrita mostrare “di venire a vedere”, fare una passeggiata per Gaza per l'effetto mediatico che fa, quando in realtà gli occhi sono chiusi, le orecchie tappate e la bocca piena di falsità.

Per conoscenza del ministro Frattini, boicottare israele non è una scelta razzista, ma spinge al rispetto della legislazione internazionale.
Boicotta israele.

sabato 20 novembre 2010

Israele colpisce solo i siti miliari.



Il 17 novembre è stata bombardata un'auto nel mezzo di Gaza City, entrambi i passeggeri sono stati assassinati. Ora appare chiaro che Israele puntasse a solo uno dei 2 fratelli uccisi, Islam e Mohammed Yassin. L'altro era li per sfortuna. Israele ha dichiarato che Islam Yassin facesse parte un gruppo di salafiti che starebbe pianificando di rapire israeliani nel deserto del Sinai, e poi usarli come prigionieri di guerra come Gilad Shalit.
Ma avete presente l'apparato di sicurezza congiunto egiziano ed israeliano nei luoghi di villeggiatura nel mar rosso e dintorni? Ipotizzare che un gruppo di militanti islamici possa andare a rapire davvero un israeliano nel Sinai per portarlo dentro Gaza sarebbe come ipotizzare che durante la guerra fredda un combattente russo potesse entrare negli Stati Uniti per rapire qualcuno e riportarselo in un'enclave filosovietica completamente assediata da militari statunitensi. Ma tant'è, questa è la versione ufficiale. D'altronde, ogni scusa è buona per sganciare bombe.

In risposta all'attacco è stato lanciato un missile da Gaza la notte successiva. Si trattava di un missile a lunga gittata -fino a 40 km- , come non se ne vedevano da molti mesi. È stato lanciato nella notte ed ha raggiunto un sito israeliano dove è atterrato, facendo probabilmente un grosso buco. Il sito era nel deserto e del Negev, nessun ferito tra gli umani, ma si dice abbia provocato grande lutto e sgomento nella fauna del deserto, che qui mi dicono essere composta principalmente da scorpioni e serpenti.
Ed in difesa di questi scorpioni e serpenti ieri qualche altro grosso buco è comparso anche a Gaza, secondo israele in siti militari. Ho visto uno di questi “siti militari”. E potrei scommettere che il buco che ho trovato al posto della casa di cui rimaneva qualche rovina era molto più grande di quello nel deserto. Ora ve lo racconto per bene.
Arrivando troviamo delle macerie con un enorme buca Della casa bombardata non è rimasto proprio nulla, i resti delle pareti sono aperte come bucce di banana e tutt'attorno è pieno di detriti. Ci avvicina un uomo che ci invita a casa sua, venti metri più in la. Entriamo: essa ha un tetto in lamiera ed è piuttosto povera. Poche stanze in cui vivono in almeno 2 coppie con figli. 
Sulaiman Ibrahim Abumustafa racconta che il 19 novembre la famiglia AbuMustafa sta festeggiando l'Aid, ci sono gli invitati, le persone entrano ed escono dalla casa. Durante la festa sentono un botto, così si rifugiano dentro la casa e dietro di essa. Ma il tetto in lamiera non è abbastanza forte da reggere le pietre che nel secondo botto vengono scaraventate a diverse decine di metri dal sito bombardato. Il primo botto era dato dall'impatto del missile su una casa che al momento era vuota, il secondo dall'esplosione dello stesso. L'esplosione ha lanciato in aria pezzi di cemento e pietre che hanno sfondato il tetto di lamiera e fatto grossi buchi nel pavimento. È stata colpita la madre di Sulaiman all'addome e alla testa, e poi suo figlio di 2 anni, e poi suo fratello, e la cognata, e il cognato (quest'ultimi meno gravi). Hanno chiamato l'ambulanza, ma l'ambulanza ci ha messo mezz'ora per arrivare “Perchè mezz'ora?” “Perchè deve coordinarsi con i militari israeliani al confine”. Ci porta fuori e ci mostra il muro, siamo a 500 metri dal confine e nessun mezzo ufficiale (ambulanze o polizia che sia) può arrivare qui senza il permesso degli israeliani. Nel muro c'è un valico aperto di recente, lo usano per fare incursioni. Entrano tutti i giorni con i carri armati, dice. Oggi nessuna incursione, racconta scherzando che dopo i bombardamenti di ieri gli israeliani si riposano. Lui è contadino ed assicura che nei paraggi tutti sono contadini e non fanno parte di nessuna resistenza. Mentre andiamo via suo figlio sta scappando per farsi rincorrere, come fanno tutti i bimbi del mondo, solo che questa volta il padre, nel tentativo di prenderlo, gli dice “non di la che ci sono gli israeliani”, e lui scappa più forte per farlo arrabbiare, come tutti i bambini del mondo appunto.




Chi è stato a vedere l'altro sito bombardato, vicino a khan younis, racconta che i feriti sono un pastore (ancora all'ospedale in osservazione, perchè colpito da diverse schegge), suo figlio e 4 mucche. Era un pastore che portava le mucche all'aperto.
Ma, come sappiamo, israele bombarda solo siti militari, e non crea nessun danno ai civili.
Ripetiamolo ancora una volta, così siamo sicur* di non sbagliarci: israele colpisce solo i siti militari, e non crea nessun danno ai civili. Bispensiero.

Per concludere nella notte è stato bombardato l'aeroporto (distrutto nel 2000 e di cui restano solo delle rovine ormai sommerse dalla sabbia) e i tunnel con l'Egitto. Perfortuna questa volta nessun ferito.

Boicotta israele perchè non vuole riconoscere i siti militari.

p.s.:grazie mille a Tilde Wandel per le bellissime foto!

venerdì 19 novembre 2010

Aid Mubarak!


L'Aid al-Adha, la festa del sacrificio, si celebra all'inizio dell'anno islamico.
È la più grande tra 2 feste musulmane e prevede lo sgozzamento di un capo di bestiame (generalmente una capra o una pecora, ma anche una mucca o un cammello): la carne viene divisa in 3 parti, una parte viene mangiata subito, una parte viene conservata ed una parte viene donata ai poveri della comunità che non possono permettersi un capo di bestiame. La festa dura 3 giorni.
Durante la festa si usa augurare “aid mubarak” che potrebbe essere tradotto come “tanti auguri”. Cioè, si usa dire questo tra amici. Talvolta però, siccome siamo in un posto dalle usanze particolari, anche i nemici augurano aid mubarak. E lo fanno in un modo non propriamente gentile. Il secondo giorno dell'aid israele ha bombardato un'auto nella città di Gaza, tra le 5 e le 6 di pomeriggio, uccidendo i 2 fratelli che su quell'auto viaggiavano. L'auto si trovava in quel momento davanti al Gaza Mall, il centro commerciale di Gaza, e l'area era affollata perchè, come si è detto, era giorno di festa. Testimoni dicono che la bomba sia caduta da un drone, sembra che sull'auto ci fossero 2 componenti dell'esercito dell'islam, una fazione dei salafiti che sembra, o meglio così sostiene la portavoce israeliana, stia organizzando attentati nel Sinai contro cittadini israeliani. Non mi è chiaro se prima abbiano trovato i colpevoli e poi abbiano bombardato, o se abbiano bombardato e poi abbiano deciso che i morti erano colpevoli.
Comunque sia ben strano il modo degli israeliani di augurare aid mubarak, sembra “quasi” un voler rovinare la festa.

Boicotta israele perchè non sa augurare aid mubarak in modo gentile.

venerdì 12 novembre 2010

A pranzo da un'amica



Ieri sono andata a pranzo a casa di un'amica, Lubna, in un campo profughi che si chiama Deir al Balah. Lubna è un po' grossa, sorridente sempre, insegna ginnastica in un centro per donne a Jabalia. Ha un figlio di 2 anni ed una di 8 mesi. Il marito è disoccupato e accudisce i bambini: da il biberon, li tiene in braccio e soprattutto cambia i pannolini, e questo mi ha fatto pensare che la loro coppia fosse più equilibrata di tante nostre occidentali.
Lubna suo marito e sua sorella parlano poco inglese, e suo fratello non lo parla per niente. Prima di pranzo mi portano sulla terrazza sul tetto e il fratello mi mostra una specie di candela, grande come una mano, con un foro in alto. Dice “min yahud”: da Israele.

Poi dopo svuota un po' del contenuto che esce dal buco sul balcone della terrazza. È una polvere bianca. Quando avvicina la fiamma dell'accendino prende fuoco immediatamente, ed emana una puzza fortissima uguale a quella degli accendini quando si accendono. Faccio qualche foto ed intanto penso: “così è questo il famoso fosforo bianco...”. Mi verrà spiegato dopo che si tratta ancora di un resto dall'operazione Piombo Fuso.


 
A pranzo abbiamo mangiato riso con uva passa, carote e arachidi. E insalata. Buono. Dopo siamo andati ad una specie di parco giochi per bambini. Mentre andava la musica e i bambini giocavano, abbiamo sentito un botto, e mi hanno chiesto se fosse stata la prima volta che sentivo una bomba. La musica è continuata, i bambini hanno continuato a giocare.


martedì 2 novembre 2010

Buffer zone e civili colpiti




Hanno sparato a Mahmud perchè era molto vicino al confine. E Mahmud era molto vicino al confine perchè è un pazzo I soldati israeliani, prima di sparare, hanno seguito l'uomo da vicino ed hanno sparato colpi di avvertimento, erano quindi perfettamente coscienti che si trattasse di un disabile mentale. Non poteva sicuramente essere un pericolo per l'incolumità di israele. Ora ha la tibia ed il perone rotti da un proiettile che gli ha attraversato la gamba. E come lui molti altri civili che per diversi motivi si sono recati nella Buffer Zone. Ma andiamo con ordine.



A nord e ad ovest della striscia di Gaza, vicino al confine con l'entità sionista, c'è una striscia di terra che una volta era coltivata e che ora non lo è più. Nei 300 metri vicino al confine è difficile accedere e le case e le coltivazioni vengono distrutte da israele. Questo pezzo di terra palestinese si chiama “buffer zone”.
L'area rischiosa, però, secondo un rapporto dell'ONU arriva a un chilometro, un chilometro e mezzo dal confine. Che significa che in quest'area non sono infrequenti i proiettili israeliani che colpiscono palestinesi. Questa zona racchiude, sempre secondo lo stesso rapporto dell'ONU, circa il 35% delle aree coltivabili, e, in una situazione di assedio come quella Gazawa, ciò significa incidere in maniera significativa sull'autosufficienza alimentare. Alcuni contadini si ostinano ancora a voler coltivare le loro terre, sebbene israele non voglia. Perchè, in fondo, sono e restano le loro terre, dove c'erano gli aranci e gli ulivi, anche se ora gli aranci e gli ulivi sono stati sradicati; erano le terre che hanno sempre coltivato, anche se ora coltivarle è difficile.
Ho scattato questa foto ieri, quando in una manifestazione ci siamo recat* vicino al confine. Si può chiaramente vedere come le piante prima presenti siano state distrutte dalle irruzioni dei carrarmati, e, visto che l'accesso è difficoltoso, questo significa impedire totalmente la coltivazione dell'area.





Altri vanno nella buffer zone per raccogliere pietre. Raccolgono pietre perchè israele e Egitto impediscono al materiale edile di entrare. Allora israele gli spara. Giusto qualche giorno fa abbiamo intervistato 2 raccoglitori al confine, sono soprattutto padri di famiglia che hanno questa come unica entrata a causa della disoccupazione causata, ancora una volta, dall'assedio. Capite l'antifona? Sono disoccupato per via dell'assedio, sempre a causa dell'assedio il materiale edile non può entrare, allora vado al confine per raccogliere pietre, e quegli stessi che hanno creato questa situazione mi sparano. Uno dei 2 uomini presenti in questa foto (Omar, 25anni), era andato al confine per la prima volta: non avendo trovato nessun lavoro gli era rimasta solo questa possibilità. Quando gli domandiamo se tornerà a fare questo lavoro ride, e dice di no, che al confine non tornerà più. L'altro (Bassem, 23 anni), al confine ci era già stato diverse volte, era un anno e mezzo che faceva questo lavoro, aveva provato ad interrompere tempo fa per vendere verdure al mercato ma non riusciva a guadagnare abbastanza per mantenere lui e la sua famiglia. Dice che, nonostante quel che è successo, continuerà ad andare al confine a raccogliere pietre perchè non ha alternative. Questo a Beit Hannoun, al nord della striscia.

















Torniamo al nostro pazzo, quello di cui si parlava all'inizio. Ci racconta un familiare che è rimasto in cura psichiatrica per diverso tempo, ma che alla fine lo hanno portato a casa perchè non notavano nessun miglioramento. L'uomo è solito fare delle lunghe passeggiate senza sapere bene dove si trovi. Oggi si è spostato da Khan Younis a Al-Farahin, paesino vicino al confine con israele, ha preso una strada che porta direttamente alla recinzione imposta da israele ed è arrivato fino ad una distanza di pochi metri da essa. A questo punto, dall'altra parte della rete elettrificata, una jeep ha cominciato a seguirlo e a sparare diversi colpi di avvertimento. A questo punto, visto da vicino, era abbastanza chiaro ai soldati che si trattasse di una persona con disturbi psichici: perchè non si allontanava ai colpi, perchè non aveva una meta precisa, perchè -questo lo immagino perchè lo ho visto dopo l'incidente- stava probabilmente blaterando frasi senza senso. Quindi gli hanno trapassato la gamba con un proiettile, rompendo tibia e perone e causando una ferita che richiederà probabilmente un'operazione per guarire.







Questi sono solo alcuni dei casi di persone ferite vicino al confine. In 2 settimane ci sono stati almeno 7 casi di civili feriti (tra cui 2 disabili mentali) , e molti altri (tra cui un morto) tra i jihadisti.
Tutti questi casi sono, ovviamente, nella parte palestinese della green line.
I civili erano li per necessità, o per inconsapevolezza, e comunque non rappresentavano un reale pricolo per israele.

Immaginate se questo fosse successo a contadini israeliani. Immaginate la frase sopra scritta così: “in 2 settimane ci sono stati almeno 7 casi di civili israeliani feriti all'interno di israele da parte dei soldati palestinesi, e molti altri casi tra i coloni (tra cui un morto)”
Immaginate in questo caso la reazione indignata della stampa, arabi assassini, musulmani guerrafondai. Invece, poiché è successo il contrario, passa tutto sotto silenzio.

Colpisce molto come cambi il valore di una vita umana o di un osso o di un pezzo di carne trapassato da un proiettile in base alla lingua parlata, al dio venerato ed al paese di provenienza.

Boicotta israele perchè spara ai pazzi.