Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


venerdì 3 dicembre 2010

Ancora spari sui civili

 Questo è il video della manifestazione di mercoledì.




I 2 giorni prima dell manifestazione sono stati feriti 6 lavoratori costretti a recarsi al confine per guadagnarsi da viviere, il giorno dopo altri 3, nei giorni successivi altri 2, l'ultimo risale ad oggi.

Israele continua a sparare a civili disramati, anche se le convenzioni internazionali lo vietano.

Ed è normale, e non c'è nessuna reazione.


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Ahmed fa il pescatore, Khalid e Mokles raccolgono pietre vicino al confine con Israele, e Mohammed fa il contadino. Sono tutti e 4 civili e vivono a Gaza.
Li abbiamo trovati in una stanza d'ospedale, con ferite di armi da fuoco.

Erano le 12.30 del 27 novembre.
Ahmed Mahmoud Jarboh ha 26 anni e fa il pescatore a Gaza. È da più di un anno che pesca nella stessa zona, quella vicino al confine nord della striscia, con una rete che viene tirata a riva da lui e 2 suoi compagni. È stato proprio mentre tirava a riva la rete che i soldati israeliani dalla torretta di controllo posta al confine gli hanno sparato alla gamba, inizialmente i suoi amici sono scappati e poi sono tornati indietro a prenderlo per portarlo all'ospedale, dove è rimasto diverse ore sotto osservazione.
La pesca è un'importante fonte di cibo per Gaza sotto assedio. Per chi esce in mare a pescare non è possibile allontanarsi dalla riva più di 3 miglia marine, anche se il limite ufficiale stabilito dall'ONU è di 20 miglia. Se i pescatori si allontanano da riva più di 3 miglia marine vengono sequestrati dalle navi da guerra israeliane e portati nelle carceri sioniste, oppure viene aperto il fuoco contro di loro. Di conseguenza l'area di mare immediatamente vicina alla costa contiene pochissimo pesce, e i pescatori sono costretti ad avvicinarsi al confine nord o sud per raggiungere un pezzo di mare dove sia possibile pescare in maniera redditizia.
Ahmed racconta: “Per più di un anno sono venuto qui tutti i giorni a pescare. I soldati dalla torre di controllo mi vedono sempre. Sanno che non sono altro che un pescatore! Non ci sono stati colpi di avvertimento, mi hanno sparato direttamente alla gamba. Ho 2 figli e sono l'unico in famiglia a lavorare: non abbiamo nient'altro a parte quello che guadagno dalla pesca.”

Lo stesso giorno, tra le 2 e le 3 di pomeriggio, le forze armate israeliane hanno sparato a Khalid Ashraf Abosita. Alle 6 di pomeriggio le sue condizioni apparivano ancora critiche: sebbene il proiettile avesse attraversato la gamba e ne fosse uscito, Khalid presentava una frattura scomposta della tibia ed un'emorragia interna ancora in corso. Tremava fortemente e non era in grado di comunicare, infatti è stato il fratello maggiore a raccontarci l'accaduto.
La buffer zone è una fascia larga 300 metri che costeggia il confine dalla parte palestinese della green line, è stata imposta da Israele e i palestinesi non vi possono accedere. Una porzione di terreno molto più vasta, larga da un chilometro ad un chilometro e mezzo sempre dalla parte palestinese della green line è definita ad alto rischio da un rapporto OCHA: in quest'area non sono infrequenti i proiettili israeliani che colpiscono palestinesi.
Khalid stava raccogliendo pietre e resti di materiale edile da macerie di case distrutte a 500 metri dal confine. L'assedio imposto da Israele con la complicità dell'Egitto impedisce al materiale edile di entrare a Gaza legalmente, ed esso è necessario per costruire o ri-costruire case ed edifici. Inoltre la disoccupazione è alle stelle, e questo spinge molte persone a raccogliere macerie vicino al confine anche se questo lavoro comporta rischi altissimi.
Racconta il fratello: “Khalid si è sposato 8 mesi fa, e sta cercando di fare famiglia. Questo era il suo unico ingresso ed ha lavorato in quest'area negli ultimi 7 mesi. Sono sicuro che i soldati lo riconoscessero, e gli hanno sparato senza colpi di avvertimento.”

Anche Mokles Jawad Al Masri stava facendo lo stesso lavoro quando gli hanno sparato. Ha solo 15 anni, va ancora a scuola ed è l'unico a lavorare nella sua famiglia, dove sono in 17. L'hanno colpito al polpaccio mentre si trovava a 500 metri dal confine, e secondo i dottori guarirà in 2 mesi. È successo alle 7 di mattina del 28 Novembre, nella zona di Beit Lahya, a nord di Gaza.
“A causa dell'assedio non ci sono molte altre possibilità per la mia famiglia per sopravvivere. A casa siamo 17 e io guadagno da vivere raccogliendo e vendendo sabbia. È pericoloso e guadagno solo 50 shekel (circa 10 euro) al giorno, ma è la sola cosa che posso fare per aiutare. Ho un fratello maggiore, che è all'ultimo anno della scuola superiore. Anch'io vado a scuola ma sono solo al nono anno: è ancora facile così ho più tempo libero di mio fratello. Lui deve concentrarsi a scuola per avere un buon voto finale, così non può trovare un buon lavoro.”

Mohamad Khalil Zanin, invece, fa il contadino e la sua famiglia ha un campo di ulivi. Mohammed ha 21 anni, suo padre ha avuto un attacco cardiaco ed ha metà del corpo paralizzato, e lui è rimasto l'unico a recarsi al campo di ulivi: deve mantenere 3 fratelli oltre ai suoi genitori. Gli hanno sparato mentre tornava a casa alle 10.30 del mattino del 28 Novembre. In ospedale, per guarire la brutta frattura, è stato necessario applicare 6 chiodi ed una protesi di ferro, che verranno tolti in alcuni mesi.
Secondo il rapporto dell'OCHA sopracitato circa il 35% delle terre coltivabili nella Striscia sono “ad alto rischio”: questo, in una situazione di assedio come quella di Gaza, significa incidere in maniera significativa sull'autosufficienza alimentare. L'attaccamento alla terra, sia come fonte di cibo che come rappresentazione delle radici culturali e familiari è fortissimo nella cultura Palestinese. L'ulivo in particolare ha un valore simbolico molto forte, perchè è una pianta resistente, ci mette diversi anni prima di dare frutto e sopravvive millenni.
“Credo di essermi trovato a 150 metri dal confine. È vicino, ma è la nostra terra. Abbiamo 100 ulivi di cui prenderci cura e questa settimana mi sono recato nel campo tutti i giorni: sicuramente i soldati mi hanno riconosciuto con le loro telecamere, non capisco perchè mi abbiano sparato. Ora non so cosa succederà, nessuno può andare alla terra a parte me, e non voglio nemmeno che i miei familiari rischino la loro vita.”

Secondo l'agenzia di stampa Ma'an oltre ai casi documentati il 27 novembre è rimasto ferito anche un ragazzo di dodici anni e il 28 novembre uno di vent'anni, entrambi mentre raccoglievano resti di materiale edile e pietre al confine.

Ferire o uccidere civili è definito dalle convenzioni internazionali crimine di guerra.
Ed è estremamente cinico non lasciare altra possibilità a dei lavoratori oltre a quella di andare vicino al confine per cercare di guadagnarsi il pane e poi sparargli contro.

Boicotta israele perchè spara ai civili.

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