Altro pezzo sempre per Wake Up News
“[...] occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà [...]”
-Dal preambolo del Testo della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia dell’ONU-
In questi giorni si parla molto di scuola -giustamente!-. Essa è, oltre che il luogo dell’apprendimento, palestra di vita. Rappresenta, in qualche modo, la prima esperienza importante all’esterno della famiglia. Anche nella striscia di Gaza.
Alle 3.30 della notte tra l’8 e il 9 dicembre una bomba è caduta in un’area vicina ad una scuola nel quartiere di Zaitun, vicino Gaza.
I vetri delle finestre della facciata che dava sul luogo dell’esplosione sono andati in frantumi a causa dello spostamento d’aria, ed il custode, che a quell’ora stava dormendo e per fortuna non ha riportato ferite, è rimasto intrappolato per qualche ora nella sua stanza, perchè, sempre a causa dello spostamento d’aria, la porta è stata danneggiata. Spiega: «Il laboratorio di informatica e la libreria sono state completamente distrutte, il danno totale stimato è di cento mila dollari. Alcuni esperti sono venuti ad analizzare i danni e sostengono che si tratti di un nuovo tipo di bomba che non lascia crateri, ma procura il massimo del danno sulla superficie».
I bambini fanno 2 turni nelle scuole delle striscia, uno al mattino ed uno nel primo pomeriggio, perché non ci sono abbastanza edifici per farli stare tutti nella prima parte della giornata. Entrambi i turni dei bambini che frequentavano questa scuola a Zaitun faranno “vacanza” per una settimana, ma appare difficile che in questo tempo sia possibile rimediare completamente ai danni, e, senza le finestre, quando soffia il vento fa freddo anche qui.
La preside di una scuola più a nord, nell’area di Beit Hannoun, racconta che quando i soldati israeliani iniziano a sparare, le bambine e le ragazze urlano terrorizzate. Qui siamo vicino alla no-go zone imposta dagli israeliani, a qualche centinaio di metri dal confine, è possibile vedere la rete elettrificata del confine dal tetto. La preside spiega che spesso, durante le lezioni, dal confine i soldati israeliani sparano, talvolta hanno un obiettivo specifico ma quando non ce l’hanno e sparano a caso nell’area vengono colpiti anche i muri della scuola, creando il panico. Quando ci sono queste azioni, gli alunni restano a scuola e non tornano a casa fino a che la situazione non si calma, per non rischiare di venire feriti. Le incursioni con i mezzi blindati nell’area di fronte alla scuola invece accadono circa una volta al mese, l’ultima è stata giovedì 9, ed anche questa ha creato paura e subbuglio nella scuola. «Se dovessi usare un’espressione per descrivere la nostra situazione qui direi: “teniamo la nostra anima nelle nostre mani”, perchè in qualsiasi momento chiunque può essere ferito. Un bambino è stato ferito vicino a questa scuola, ed una volta è capitato che entrando in una classe trovassi gli studenti stesi per terra e la maestra che li copriva con il suo stesso corpo perché avevano paura dei proiettili che entravano dalle finestre».
Insegnanti e studenti raccontano che due anni fa, poco prima dell’offensiva militare piombo fuso, i soldati israeliani si fossero posizionati con i carri armati all’esterno della scuola, siano entrati, abbiano portato tutti gli studenti da una parte e i docenti dall’altra, tenendoli rinchiusi per diverso tempo prima di lasciarli liberi. L’area tra il confine e la scuola è priva di ostacoli visivi, quindi i militari vedono perfettamente che stanno sparando ad una scuola.
Una bambina in terza elementare di fronte alla telecamera ha detto: «Abbiamo paura, facciamo gli incubi di notte. Noi siamo bambini, ed è proibito farci questo».
Vicino a Khan Younis, a sud della striscia, c’è un’altra scuola dove la situazione non è molto diversa.
Di mattina è una scuola statale femminile, mentre di pomeriggio è una scuola maschile dell’UNRWA. La preside della scuola del mattino racconta 2 episodi risalenti all’inizio del 2009 che ben descrivono la violenza dei soldati israeliani nei confronti di queste ragazze. Si tratta di 2 studentesse: una stava tornando a casa camminando nella strada di fronte alla scuola e quell’altra stava ascoltando una lezione. La prima è stata colpita al ginocchio da un proiettile, e ancora oggi non può fare lunghe passeggiate, e non riesce a piegare bene il ginocchio; mentre l’altra è stata colpita al naso da una scheggia causata dal foro di un proiettile sul muro della sua classe. La preside racconta come in entrambi i casi l’ambulanza abbia avuto delle difficoltà a raggiungere il luogo dell’incidente, perché per arrivare nell’area è necessario coordinarsi con le autorità militari israeliane, e spesso l’autorizzazione tarda ad arrivare.
I muri di questa scuola sono crivellati di fori, per lo più coperti dallo stucco, ma è difficile immaginare come possa essere seguire una lezione con il costante terrore che inizino gli spari. La preside: «Abbiamo la bandiera dell’ONU esposta sul tetto: perchè diavolo dei soldati devono sparare ad una scuola?»
Si dice che le esperienze che facciamo durante l’infanzia ed in gioventù siano determinanti nella formazione della personalità e che le scuole siano il primo luogo di socializzazione esterno alla famiglia, rappresentano infatti per i/le bambini/e la prima esperienza fuori dal nucleo familiare.
Ma quale personalità sono costrette a formare in questi territori? E quale mondo esterno alla famiglia viene proposto a questi/e fanciulli/e? E quale è la reazione della comunità internazionale?
Nessun commento:
Posta un commento