Si dice che, quello
di lavorare, sia un diritto. I pescatori di Gaza, come i contadini,
non hanno questo diritto; e non lo hanno perché una potenza
occupante li mette in difficoltà in diversi modi.
I pescatori
palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la
fine dell'assedio. Anche
organizzando iniziative in altri Paesi.
Foto tratta da: fishing under fire |
La striscia di Gaza, si sa, è una
striscia di terra che corre lungo il mare. Ad oggi, secondo i dati
del PCHR, 75.000 persone, i pescatori e le loro famiglie, dipendono
dalla pesca come principale ingresso finanziario. Una componente
importante dell'economia di Gaza quindi è, o meglio era, dovuta alla
pesca. Scrivo “era” perché l'ingresso medio per ciascun
pescatore è calato da 1500 a 300 Shekel da prima dell'inizio
dell'assedio ad oggi. Dalla chiusura dei tunnel da parte
dell'Egitto, il prezzo del carburante per le barche è più che
raddoppiato (è cioè passato dai 3 shekels al litro ai 7) e questo
ha proibito a molti pescatori di compiere il proprio lavoro. A causa
di tutto questo, oggi solo il 5% dei pescatori di Gaza continua a
lavorare.1
Ironia della sorte, poco al largo, all'interno delle acque di Gaza,
c'è una stazione di estrazione del gas, che, secondo alcuni accordi,
dovrebbe andare al 90% tra Exxon e Israele, lasciando il restante 10%
all'ANP.
I pescatori
palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la
fine dell'assedio. Allestiranno una tenda, nel porto di Gaza, e
questa tenda resterà li per tre giorni, il 17-18-19 dicembre l'iniziativa si concluderà il 19
con una marcia verso il quartier generale dell'ONU.
Dal porto di Gaza
partono due tipi di imbarcazioni da pesca: quelle veloci e non più
lunghe di quattro metri, e dei piccoli pescherecci di circa 15 metri.
Uno di questi piccoli pescherecci riesce a dare da mangiare a diverse
famiglie. Nel mare palestinese di fronte alla striscia di Gaza,
ci sono le navi da guerra israeliane. Esse sono di diversi tipi, ma
comunque molto più veloci delle navi veloci palestinesi, e molto più
grandi dei piccoli pescherecci. Sono dotate di armi da guerra, che
utilizzano contro i pescatori, civili mentre lavorano. Ci sono cannoni ad acqua
che sparano un miscuglio puzzolente di sostanze chimiche, ci sono
mitragliatrici con proiettili “25 mm”, ci sono radar, ed altri
strumenti di controllo e di morte.
Le navi da guerra non
dovrebbero esserci, o perlomeno non dovrebbero essere così vicino
alla riva. Secondo gli accordi di Oslo le acque territoriali di Gaza arrivano fino alle 20 miglia nautiche. Esse sono state
ridotte dall'entità sionista a più riprese, fino ad arrivare alle 3
miglia nautiche dopo l'attacco chiamato piombo fuso. Successivamente
sono state aumentate a 6 miglia grazie all'accordo per il cessate il
fuoco dopo l'operazione colonna di nuvole, ma tutti gli attacchi,
registrati nell'ultimo anno, delle forze di occupazione israeliane
verso i pescatori palestinesi che lavoravano, si sono verificati
all'interno di questo limite.
I pescatori
palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la
fine dell'assedio.
Nella tenda che
allestiranno al porto ci sarà la documentazione legale riguardo gli
attacchi israeliani verso i pescatori, ci saranno foto, ci sarà la
possibilità di raccogliere informazioni.
Secondo i dati del PCHR, quest'anno (il report è provvisorio) le forze navali sioniste hanno
lanciato 111 attacchi contro pescatori palestinesi, e tra questi in
95 casi i mezzi sionisti hanno sparato. Sparando, distruggono le navi, rompono i
motori. 13 barche da pesca ed altro materiale da pesca è stato
danneggiato in episodi di questo tipo nell'ultimo anno. Il 18
settembre di quest'anno, ad esempio, gli spari israeliani hanno fatto
cadere una gru sulla mano di un pescatore ferendolo, questo ha dovuto
farsi amputare un dito. Non sono mancati gli episodi in cui i soldati
hanno sparato direttamente ai pescatori: solo quest'anno almeno 9
pescatori sono stati feriti. Il 18 febbraio, in particolare, è stato
ferito un ragazzo di 16 anni. L'ultima persona ammazzata dalle forze
di occupazione sioniste è stato Fahmi Abu Riash, ucciso il 28
settembre 2012, a pochi metri dalla costa, e a 15 metri dal confine
tra i territori di Gaza e quelli occupati nel '48. Quest'anno 9
barche da pesca sono state confiscate dalle forze di occupazione, e
14 pescatori sono stati portati via nelle navi da guerra israeliane;
in particolare tra i 4 sequestrati il 10 febbraio c'è un ragazzo di
17 anni ed uno di 16.2
Tipicamente, in
qualunque stagione i pescatori palestinesi vengono arrestati, vengono
obbligati a spogliarsi e tuffarsi in acqua per raggiungere le navi
dell'occupante. Vengono poi portati ad Ashdod, dove vengono
interrogati e rilasciati in pochi giorni, e le loro imbarcazioni vengono sequestrate. Il fatto che
imbarcazioni e reti da pesca vengano sequestrate è particolarmente
grave, perché priva intere famiglie dei mezzi per far fronte alle
proprie necessità: si tratta di fatto di un attacco alla capacità
dei Palestinesi di procurarsi il proprio cibo e sostentamento.
I pescatori
palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la
fine dell'assedio.
Chiedono che vengano
organizzate iniziative anche in altri Paesi, in concomitanza con la
presenza della tenda di protesta nel porto di Gaza e della marcia del 19, per spiegare come
l'occupazione militare sionista della Palestina, con tutte le sue
conseguenze anche sui pescatori, sia inaccettabile.
Prima di tutto è
inaccettabile perché ingiusta. Non è giusto che un popolo intero
venga cacciato dalla sua terra o resti in balia di una brutale e
prolungata occupazione militare. Poi è inaccettabile perché è
inumana. È inumana perché nessun uomo, donna o bambino merita di
vivere in queste condizioni, chiuso in una enorme prigione e sotto
assedio. Infine, anche la legislazione internazionale afferma che
questi trattamenti sono illegali. Le azioni della marina militare
israeliana contro i pescatori palestinesi vanno contro l'articolo 3
della dichiarazione universale dei diritti umani, contro l'articolo 6
della convenzione internazionale dei diritti civili e politici,
nonché contro diversi articoli della quarta convenzione di Ginevra.
I pescatori
palestinesi, quindi, chiedono da Gaza la nostra solidarietà e la
fine dell'assedio.
Le barche da pesca
palestinesi non sono una minaccia per l'incolumità dei soldati o dei
civili israeliani. Non lo sono mai state. Esse non vengono attaccate
dai sionisti perché possono mettere in pericolo qualcuno: essi
vengono feriti, arrestati e derubati perché sono pescatori,
lavoratori che vogliono lavorare nelle proprie acque.
p.s.: questo post è
stato scritto a titolo personale, appena sarà pronto il comunicato
dei pescatori lo pubblicherò anche nel blog.
1Dati
forniti da Zakaria Baker, pescatore.
I diritti esistono nei paesi liberi.
RispondiEliminaPurtroppo non nei paesi occupati, sottomessi e ghettizzati.
Nel ghetto di Varsavia gli ebrei non avevano diritti.
Nel ghetto di Gaza i palestinesi non hanno diritti.
Saluti,
Mauro.