Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


sabato 30 gennaio 2016

Visita a un'amica


Diario della visita a un'amica.

Sadiya abita in un villaggio che si trova tra le città di Amude, Til Tamer, Haseke e Dirbesiye. L'ho conosciuta al corso (perwarde) di cui ho già raccontato: ha quasi trent'anni, non è sposata. Esce raramente dal suo villaggio, così sono andata a trovarla. Per arrivare, ho fatto l'autostop. Per fare l'autostop, in Rojava, si chiede aiuto agli asais (sicurezza interna). Un po' come se da noi si andasse dalla polizia per chiedere aiuto a fare l'autostop. Così sono arrivata al posto di blocco, ho chiesto aiuto per fermare una macchina fidata che mi portasse al posto di blocco successivo, e loro hanno trovato l'auto di una coppia, originaria di Asake. Al posto di blocco successivo c'era Sadiya, mi stava aspettando li con il suo papà. Ci siamo abbracciate a lungo. Ero un po' sorpresa, perché ero abituata a vederla in pantaloni e maglione, mentre questa volta aveva il vestito lungo tipico delle donne. “Papà dice che i pantaloni e maglione nel villaggio sono una vergogna per una donna. Ma quando esco fuori posso andare con i pantaloni, non è un problema” mi spiega. Su un furgone (guidato dal suo papà) siamo ripartite. Pochi minuti di strada asfaltata e poi giriamo a destra, in una stradina sterrata. Queste strade non sono considerate nelle mappe. Google map in questa zona non segna ne' strade ne' villaggi: si possono riconoscere solo dalla visione aerea; eppure la maggior parte di questi territori è costellata di piccoli villaggi come questi. Comunque, dicevamo, il villaggio di Sadiya è il secondo che troviamo sul percorso. Sadiya e il suo papà sono co-sindaci del villaggio “non è normale che in questo ruolo siano padre e figlia, ma nessun altro voleva assumersi la responsabilità, per questo adesso siamo noi” spiega Sadiya.


La mamma di Sadiya ha male agli occhi. È stata con la famiglia fino as Haseke dal dottore per capire cosa fosse. Il dottore ha detto che ha pianto troppo, e che questo le ha disidratato l'“anima” dell'occhio, che deve prendere delle medicine, ma per trovarle deve andare a Qamislo. Soprattutto, deve smettere di piangere. La mamma di Sadiya piange tanto da quando è morto suo figlio. Suo figlio era andato a combattere per il Rojava, ed è stato ammazzato vicino ad Asake. Hanno mandato la sua foto ad Asake per farne un bel quadro grande da appendere in casa. La mamma di Sadiya mi mostra un cellulare, non certamente ultimo modello, ma funzionante: spiega che suo figlio, nome di battaglia Qandil, glielo aveva mandato come ricordo ed ora lei si addormenta con quel telefono sul petto.
Casa della famiglia di Sadiya è di buona fattura, per essere di un villaggio: c'è un salotto (dove si dorme anche), e poi altre due stanze, di cui una che funge da deposito. Fuori c'è la cucina, e ad alcune decine di metri di distanza, il bagno. Sadiya era preoccupata, prima che arrivassi, che non mi piacesse casa sua, perché essendo magari abituata alle case di città questa mi sarebbe potuta sembrare troppo povera. Le ho risposto che a fare bella una casa non sono i muri o i pavimenti, ma la gente che ci abita dentro, e che comunque casa sua è bella. In realtà credo che il suo disagio fosse dovuto al fatto che per esempio nei villaggi per lo più le case non sono fatte di muratura ma di mattoni di fango: in realtà il fango secco è mescolato con paglia, e questo fa di esso un ottimo isolante, per cui anche le case di mattoni spesso vengono ricoperte di fango e sembrano fatte di fango; o per esempio al fatto che anche il pavimento nelle case è fatto con lo stesso materiale di fango misto a paglia seccato, che quando ce n'è la possibilità viene ricoperto con dei tappeti, ma nemmeno questo è un particolare problema, anzi, una volta che c'è un tappeto non si nota nemmeno che sotto non c'è un “vero” pavimento. La corrente arriva più raramente che in città, normalmente una o due ore al giorno “una volta siamo rimasti senza corrente per 20 giorni di seguito” spiega Sadiya; il generatore si accende raramente in realtà, ma una volta che per la sera ci si attrezza con pile o modi alternativi di illuminazione, 24h al giorno di elettricità non sono l'essenziale. L'unica cosa un po' fastidiosa è l'acqua, che è leggermente salata, perché il pozzo del villaggio non è particolarmente profondo, e quindi l'acqua non è completamente dolce; questo viene però compensato dalla bontà del cibo. Le uova, ad esempio: dal momento che le galline scorrazzano libere nel giardino, le uova sono veramente saporite e diverse da quelle di città, con un tuorlo grande e scuro; lo yogurt, di pecora, e più saporito di quello di mucca ma comunque più delicato di quello di capra; il formaggio viene fatto in casa, ma la cosa più buona è il pane, detto tannuri. Quest'ultimo viene cucinato in una specie di forno, il “forno tannuri”, a forma di grande vaso, dentro cui viene acceso un fuoco e poi spento in modo che resti caldo. Al pane viene data la forma di pizza, viene schiacciato contro le pareti del suddetto forno con l'aiuto di una specie di cuscino apposito, e poi viene staccato e si può conservare per diversi giorni prima di essere mangiato.
Coloro che si occupano degli animali, dell'orto, di fare il pane e ovviamente di cucinare e tenere in ordine la casa sono le donne. Gli animali sono diversi, tutti di piccola o media taglia: ci sono galline e tacchini, in alcuni villaggi oche, e colombe. Poi ci sono capre e pecore, con cani per aiutare a prendersene cura. E conigli. Certe volte si crea confusione e le galline entrano nella casina dei conigli, mentre questi sono fuori “i conigli litigano tra loro, e anche le galline litigano tra loro; però galline e conigli non litigano, così non è un problema se le galline entrano nella casina dei conigli” mi spiega Sadiya, quando rido di fronte all'invasione delle galline verso la casina dei conigli. Ci sono alberi di olive “quest'anno non hanno fatto olive, le fanno una volta ogni due anni, le faranno l'anno prossimo”, e poi un orto in cui in primavera crescono ortaggi “ho sentito che in città la gente mangia i pomodori anche d'inverno... ma d'inverno non crescono i pomodori, dove li trovano?” domanda Sadiya. In effetti, sembra che secondo alcuni aspetti questi villaggi siano quasi rimasti fuori dal grande circuito commerciale che ormai omogeneizza tutto il mondo. C'è un “negozio”, che consiste in una piccola stanza in cui si possono comperare fazzoletti, qualche merendina, caffè in polvere, e generi di prima necessità; però non sempre ci sono persone nel negozio: per comperare bisogna andare a casa del proprietario (tanto è lo stesso edificio), chiedere di entrare, e poi puoi comperare quello che ti serve. Certe volte arriva nel villaggio un mezzo che vende stoviglie, si ferma il tempo necessario, e riparte per il villaggio successivo. In tutto il villaggio ci sono 4 mezzi (tra furgoni e automobili) per muoversi, più una mietitrebbia che serve per tutti i villaggi del circondario; e anche i mezzi che ci sono decisamente non sono dei più moderni.
La famiglia di Sadiya mi ha dato da mangiare e da dormire per 3 giorni. Abbiamo chiacchierato attorno alla stufa, o sedute fuori al sole. Insieme abbiamo camminato per il villaggio, siamo andate fino la cimitero (su una collina a poche centinaia di metri di distanza), e ho conosciuto altre persone del villaggio. La leggendaria ospitalità curda, anche in questi casi, non si è fatta attendere.
La prima sera è venuta a fare visita la sorella di Sadiya, con il marito e 4 delle 7 figlie. Sebbene il numero medio di figli per famiglia sia intorno ai 10, 7 mi sembrano già tante, tanto più che lei è giovane, e mi raccontava che c'era un periodo in cui ne partoriva una all'anno. Le domando se non siano tante, se poi non ne rimetta di salute, e lei dice “certo che ne rimetto di salute, ma mio marito vuole il maschio.” E a me ricorda i racconti di alcune ginecologhe occidentali, che spiegano come a volta impiantino spirali a molte donne all'insaputa dei loro mariti, perché i mariti non sappiano che loro non vogliono più figli.

Il secondo giorno siamo andati a fare visita a Rusiya, compagna che abita nel villaggio vicino. Anche Rusiya era al perwarde con Sadiya e me. Il villaggio dove abita Rusiya è grande circa il doppio di quello dove abita Sadiya. Ci sono 30 case, mentre in quello di Sadiya ce ne sono 15 “una volta c'erano 30 case anche qui, ma poi tanti si sono trasferiti in città” mi ha spiegato la mamma di Sadiya. È da dire che qui i villaggi sono moto a misura familiare, cioè, spesso chi nasce nel villaggio si sposa anche nel villaggio, o al massimo nei villaggi vicini, con il risultato che alla fine sono tutti imparentati. Considerando poi che molte famiglie superano i 10 figli, non sorprende che in ogni casa ci sia un parende diretto di qualche tipo.
Il giorno precedente alla nostra visita, alcune donne di Yeketiya Star hanno telefonato a Rusiya dicendole di radunare le donne del suo villaggio perché sarebbero venute per un'assemblea. Così siamo andate tutte e tre assieme (Rusiya, Sadiya ed io), casa per casa, ad invitare le donne all'assemblea. Abbiamo fatto il giro di tutte le case del villaggio, dicendo alle donne di venire all'assemblea. Siamo andate anche nel villaggio vicino, anche se quel villaggio è di idee più vicine a Barzani e quindi era molto probabile che nessuna avrebbe partecipato. Non abbiamo ricevuto risposte aggressive, tutte hanno aperto la porta volentieri. Qualcuna (poche) hanno espresso perplessità, ed è anche per questo che poi, quando all'assemblea solo 7-8 donne si sono presentate siamo rimaste sorprese. Ma d'altronde, non è una novità che le donne – e gli uomini – fatichino a capire l'importanza dell'autonomia femminile, e ancor più difficile sia rendersi attivi in diverso modo. Il punto è cambiare la mentalità, e questo è un processo lungo per cui serve tanta tanta pazienza e forza di volontà. In alcuni villaggi il processo è iniziato prima, adesso la situazione è diversa, ma in altri è iniziato dopo e c'è ancora molta strada da fare.
Dopo essere state casa per casa in tutto il villaggio per chiedere alle donne di venire all'assemblea, siamo tornate a casa di Russiya. Erano le 2, e nessuno aveva preparato il pranzo. Gli uomini erano rimasti di fronte alla stufa a chiacchierare, mentre la mamma di Rusiya stava dietro ai bambini. Il papà di Sadiya mi ha spegato la situazione in questo modo “Russiya è sempre in giro, e non prepara il pranzo, ti pare giusto? Sono le due, è tardi!” io gli rispondo che stavamo facendo del lavoro, che dovevamo farlo, che se hanno fame anche suo padre può preparare da mangiare e il padre di Rusiya risponde “ma non lo dico mica per questo! Lo dico per sua sorella, è più piccola, se Russiya è in giro tocca a lei preparare il pranzo, ti sembra sensato?” Gli ripeto che anche gli uomini possono preparare da mangiare, e lui risponde: “beh, gli uomini lavorano, così quando tornano a casa non si può pretendere che cucinino e puliscano!” io gli dico che anche le donne lavorano, che Russiya stava lavorando, che per questo è arrivata tardi, e lui, con un'aria di sufficienza “ma i lavori delle donne sono leggeri, cosa vuoi che sia!” a questo punto, per non essere l'ospite che critica eccessivamente, decido di lasciare perdere; d'altronde non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Sicuramente, questi due uomini non sono gli unici a sentirsi estremamente lontani dalle problematiche femminili, a non vederle proprio. A non capire che nei lavori di casa, se entrambi si lavora, si dovrebbe essere alla pari. A considerare “esagerato” che le donne rivendichino i propri diritti...e no, non parlo solo di uomini del medio oriente. Nel frattempo, Russiya cucina in uno stanzino veramente piccolo, con una specie di fornello a petrolio che rende l'aria soffocante. Frigge patate e prepara burgul. Sua madre, invece, mi domanda: “ma da voi, gli uomini e le donne, in casa, sono uguali?” io le rispondo che in qualche caso si, ma nella maggior parte dei casi no. Che poi, in realtà anche da noi, quanti uomini lavano i piatti, fanno regolarmente da mangiare per tutta la famiglia o sono in grado di far partire una lavatrice senza creare problemi con i colori? Non arrivo in profondità tale da raccontarle che da noi l'identità femminile viene cancellata al punto che le donne vengono convinte che per essere felici devono essere uguali agli uomini, “forte come un uomo”, “libera come un uomo”, perché probabilmente sarebbe stata un'altra discussione difficile da comprendere per chi non fosse mai entrato in contatto con il “nostro” mondo. La mamma di Rusiya mi domanda di nuovo: “Da noi un uomo, quando divorzia o quando sua moglie muore, prende in fretta in sposa un'altra donna perché possa prendersi cura dei bambini. Da voi è così?” io le rispondo che da noi non è così, ma che questo fatto che mi ha appena descritto è esattamente la prova che la forza delle donne è superiore di quella degli uomini. Perché una donna senza uomo può vivere, può prendersi cura dei bambini, è in grado di tenere una casa; mentre un uomo senza donna deve urgentemente cercarne una perché altrimenti non riesce a vivere. Lei sorride, mi capisce, e mi abbraccia. A me viene in mente, pensando alle nostre terre occidentali, il detto “dietro ogni grande uomo c'è una grande donna,” che non viene declinato al contrario, cioè non si dice che dietro ogni grande donna c'è un grande uomo, perché semplicemente le “grandi donne” di solito non sono sposate, mentre i “grandi uomini” si. Ma anche in questo caso, sarebbe stata un'osservazione che riguarda più il nostro mondo che il suo.
Quello che voglio dire e che, almeno dal punto di vista delle donne, il nostro mondo occidentale e questo mediorientale hanno molto più in comune di quanto sembri. Certo, ci sono numerose differenze; ma questo non deve offuscare ciò che ci accomuna, perché anche se lontane, anche se con storie diverse, alla fine siamo tutte donne. Purtroppo ancora e ancora la consapevolezza di avere gli stessi problemi alla radice e affrontare le stesse lotte viene subordinata alle differenze culturali, che la propaganda capitalista ci fa sembrare abissali, con l'ovvio scopo di tenerci separate e in questo modo deboli.


(per visualizzare le foto, clikkare su di esse)
































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