Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


venerdì 31 gennaio 2014

Ricordando i prigionieri politici palestinesi malati illegalmente deportati nelle carceri israeliane

Questa settimana, al sit in settimanale in solidarietà con i prigionieri politici nelle carceri israeliane, l'attenzione era tutta per i prigionieri malati. I prigionieri politici palestinesi che necessitano di cure mediche sono circa 1000, e la vita di molti di loro è in pericolo perché spesso sono negate le cure mediche necessarie (fonte).





“mio figlio si chiama Ibrahim Al Ghosen. Da dopo lo sciopero della fame di ottobre 2011 accusa dolori alle gambe e alle spalle. Ha la tiroide ingrossata e le pressione alta, a volte entra in coma per ore.” racconta una donna: “Un anno fa ha fatto qualche esame, ma non gli hanno ancora dato i risultati: le uniche medicine che gli danno sono analgesici e antidolorifici, paracetamolo, aspirine... Ibrahim si trova in carcere da 4 anni e ne deve scontare altri 2 e mezzo, ha 37 anni e 3 figli. Abbiamo potuto visitarlo solo 3 volte e solo dopo lo scambio con il soldato Shalid, non sappiamo che malattia abbia, ma di sicuro non riceve cure adeguate.”



Ibrahim non è il solo nella sua situazione. Viene riportato da molte testimonianze che troppo spesso le “cure” che i malati ricevono si limitano a paracetamolo e antidolorifici, senza andare a intaccare le cause della malattia. Ci sono casi di leucemia non curata, di prigionieri affetti da cancro che non vengono sottoposti a chemioterapia, di persone che hanno contratto gravi malattie come l'epatite a causa delle scarse condizioni igieniche nel carcere. Non mancano i casi di prigionieri malati morti a causa della mancanza di cure mediche: di seguito gli ultimi due casi. Abu Hamdiyeh, per esempio, è morto a marzo 2013: dall'agosto 2012 aveva un forte mal di gola, che, nonostante le sue richieste, è stato curato solo con antidolorifici. Quando finalmente è stato portato all'ospedale di Soroka, il cancro che aveva alla gola si era già diffuso fino alla spina dorsale (fonte). Asan Turabi, invece, è stato arrestato quando già aveva la leucemia, ha dichiarato di non aver ricevuto le cure mediche adeguate: si recava alla clinica perchè vomitava sangue e gli girava la testa, e in risposta riceveva antidolorifici. Hasan è stato dimesso in letto di morte, deceduto a 22 anni il 5 novembre 2013 (fonte).



Islam Abdo è il coordinatore media del ministero dei prigionieri a Gaza. Cita il caso di Yosri al Masri, uomo 31enne, arrestato 10 anni fa e condannato a 20 anni in tutto “Stamattina siamo stati a visitare la sua famiglia: Yosri ha il cancro alla tiroide, e si è già espanso ai linfonodi. Un mese e mezzo fa gli hanno asportato parte della ghiandola tiroidea, ma non gli danno le medicine sostitutive agli ormoni che essa produce, solo antidolorifici. Dovrebbe effettuare chemioterapia, dovrebbe ricevere cure che non riceve, così per protesta si è rifiutato di prendere il paracetamolo e gli antidolorifici che gli venivano somministrati al posto delle medicine di cui necessitava.” Yosri ha dichiarato che: “Mentre mi trovavo in ospedale, dopo l'operazione, avevo le mani e i piedi legato al letto dell'ospedale. Ero controllato da 3 secondini, e ogni volta che dovevo andare al bagno o farmi la doccia loro dovevano prendere il permesso dall'intelligence della prigione di Nafah.” (fonte)

Motassem Radad soffre di infiammazioni acute all'intestino che gli provocano sanguinamento e dolori molto forti. Le sue condizioni sono peggiorate in seguito a un'iniezione di cortisone, che gli ha causato difficoltà al movimento di mani e gambe (fonte). Thaer Halahla ha contratto l'epatite C nel carcere di Askelon, a seguito di un'operazione dentistica, ed è notizia di questo dicembre che sia stato trasferito in una clinica medica; Thaer era stato arrestato con la barbara pratica della detenzione amministrativa, dopo 77 giorni di sciopero della fame (che ha contribuito a deteriorare le sue condizioni di salute) è stato rilasciato il 5 giugno 2012 e riarrestato il 10 aprile 2013 (fonte). L'elenco potrebbe continuare, e allungarsi di molto, ma diventerebbe ripetitivo: quelli riportati sono da considerarsi solo degli esempi.



Nelle carceri sioniste sono infatti presenti 1000 pazienti in attesa di cure mediche, di cui 25 prigionieri affetti da cancro; 207 detenuti sono morti dal 1967, e tra questi 54 per negligenze mediche (fonte). Secondo la legislazione internazionale nessun palestinese dovrebbe poter essere sequestrato dalla potenza occupante e imprigionato all'interno dei territori occupati nel '48. Nelle carceri sioniste, i detenuti vengono regolarmente sottoposti a tortura, vengono imprigionati minori, vengono proibite le visite familiari, e viene praticata la detenzione amministrativa (imprigionamento senza accuse).



Akhmad Sa'adat, uno dei leader palestinesi nelle carceri israeliane, chiede di portare avanti una campagna per evitare che i prigionieri malati vengano ammazzati da Israele per non aver ricevuto le cure adeguate. Ci sono petizioni da firmare, e qualcuno ha lanciato tre giorni di protesta per i prigionieri malati.
Infatti, il precedente sit-in alla croce rossa di Gaza in favore dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, era completamente dedicato a Ibrahim Al Bitar, 33enne, arrestato nel 2003 mentre attraversava Rafah di ritorno dall'Egitto dove si era recato per avere alcune cure mediche a un occhio, e condannato a scontare 18 anni in carcere. Islam, al ministero dei prigionieri, spiega che l'interrogatorio e le torture hanno peggiorato la sua situazione, e che ora ha problemi allo stomaco e all'intestino. Rami, che è stato rilasciato da un mese e che si trovava nelle carceri israeliane da prima di Oslo, conferma che Ibrahim è un suo amico: gli è stato asportato parte dell'intestino, ma la sua salute è comunque precaria, perché non ha ricevuto le cure necessarie dopo il termine dell'operazione e sanguina quando va al bagno: “l'ultima volta che lo ho visto era molto malato, ma non aveva ancora perso la forza e la speranza. Mi ha chiesto di parlare del suo caso e degli altri prigionieri malati, mi ha chiesto che si faccia pressione perché ricevano le cure necessarie, quando può mi chiama al telefono dal carcere per ricordarmelo.”

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