Le navi hanno subito un ulteriore ritardo: partiranno oggi tra le 2 e le 3 di pomeriggio per arrivare domani mattina presto.
Ricevo e pubblico una lettera di alcuni studenti sulla vicenda dell "denied entry" a Noam Chomsky. L'idea parte dal CAU di Napoli ma chiedono di diffonderla in tutta italia e possibilmente oltre.
Lettera aperta alla comunità accademica sul divieto d’ingresso in Palestina notificato a Chomsky.
In questi giorni l'università palestinese di Bir Zeit , alle porte di Ramallah, avrebbe dovuto ospitare due lezioni di Noam Chomsky: “America and the world” e “America at home”. Ma il 16 maggio, al momento dell'ingresso in Cisgiordania, il professore di Linguistica e Filosofia del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston è stato trattenuto per alcune ore alla frontiera. Dopo aver comunicato ripetutamente con il Ministero degli Interni, un ufficiale israeliano ha apposto sul passaporto di Chomsky il timbro: “Denied Entry”. Il motivo dell’interdizione è nella dichiarazione che il militare israeliano ha riferito a Chomsky: “Ad Israele non piace ciò che lei dice”.
I funzionari israeliani hanno parlato di un equivoco per giustificare il provvedimento. La portavoce del Ministero degli Interni, Sabine Haddad, ha riferito che stanno cercando di fare chiarezza sulla questione. In realtà non c’è molto da chiarire nel comportamento di Israele. Al di là delle scuse di maniera profuse a poche ore dall’“incidente”, non c’è spazio per alcun misunderstanding, come ha affermato lo stesso Chomsky in un’intervista rilasciata ad Al Jazeera. La grave colpa per cui l’eminente studioso ha meritato il provvedimento sono le critiche che negli anni ha formulato allo stato israeliano.
Negare l’ingresso in Cisgiordania a quello che secondo il New York Times è il “più importante intellettuale vivente” e che il The Nation definisce “una fonte inesauribile di sapere”, ci dice sicuramente qualcosa su cosa stia accadendo in Israele. Se Chomsky fosse stato “solo” il linguista che ha apportato il più importante contributo alla linguistica teorica del XX secolo, probabilmente non ci troveremmo a parlare di tutto questo. Ma Chomsky, a partire dagli anni della contestazione alla guerra del Vietnam, si è sempre contraddistinto per essere un intellettuale a tutto tondo. Un intellettuale che ha travalicato i confini della materia cui pure così tanto ha contribuito, per fare dell’impegno sociale e politico una costante della sua vita.
L’analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali e quella della politica estera degli Stati Uniti sono solo alcuni dei tanti contributi che nel corso degli anni ha fornito.
Il divieto imposto a Chomsky è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di attacchi al diritto alla critica rivolti al mondo accademico e dell'informazione. Non è la prima volta che quella che viene definita “l'unica democrazia” del Medio Oriente cerca di impedire la libera circolazione delle idee, per quanto autorevoli possano essere le voci che le esprimono. Solo due anni fa ad un altro importante studioso, Norman Finkelstein, professore statunitense di storia, è stato comunicato il divieto di entrare in Israele per i prossimi dieci anni. Ad Israele non è piaciuto il suo libro “L’industria dell’Olocausto” che tratta dello sfruttamento della sofferenza degli ebrei durante la seconda guerra mondiale a favore degli interessi dello stato israeliano. Ilan Pappe è stato invece costretto all’esilio in Gran Bretagna a causa delle pressioni quotidiane e della censura che lo Stato esercitava sulle sue ricerche, in particolare da quando ha scritto della pulizia etnica della Palestina del 1948.
Nonostante questi continui divieti imposti da Tel Aviv, lo stato israeliano continua a presentarsi come paladino della cultura e a combattere duramente la campagna internazionale di Boicottaggio Accademico e Culturale, rea di arrecare un notevole danno a tutto il mondo della cultura. Ma il divieto di ingresso a Chomsky palesa come la figura del censore si addica alla perfezione allo stato israeliano. “Israele stesso è uno dei più prolifici "boicottatori" del mondo”, avendo “imposto un boicottaggio culturale, accademico, politico, economico e militare sui territori occupati” affermava solo pochi giorni fa Gideon Levy dalle colonne di Haaretz. Questa vicenda sembra rafforzare incontestabilmente le sue ragioni. Libertà di manifestazione del pensiero, di dissenso, diritto allo studio dei palestinesi, non sembrano essere all’ordine del giorno in Israele. Il risultato è che ogni giorno vengono calpestate impudentemente.
Ciò che spinge noi studenti e studentesse a scrivere un appello rivolto alla comunità accademica è il bisogno di prendere parola collettivamente sulla situazione che abbiamo di fronte ai nostri occhi. Pensiamo che sia doveroso da parte di chi studia e fa ricerca all’interno dell’università prendere una posizione chiara di denuncia delle pratiche israeliane che quotidianamente negano quel diritto al dissenso che tanta importanza dovrebbe avere in una democrazia. Espressioni come “pensiero critico” hanno ormai perso di significato in Israele. Il divieto imposto a Chomsky è da questo punto di vista paradigmatico. Stare in silenzio in simili situazioni rischia di avere un aberrante significato: essere complici.
Per aderire all’appello scrivere una mail all’indirizzo: israelecontrolacultura@gmail.com
elenco adesioni qui: http://cau.noblogs.org/post/2010/05/16/lettera-divieto-ingresso-palestina-chomsky
e qui: http://snipurl.com/wqnez
Boicotta israele perchè ferma la cultura.
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